Fabrizio Cerrone, il comico "nato" sul web tutto made in Naples

Scritto da  Lorena Di Dato Pubblicato in Napoletanità Letto 5241 volte
Grazie alle nuove tecnologie la televisione è diventata obsoleta. Lo zapping con il telecomando è stato sostituito dal touchscreen del telefono, e le piattaforme più visitate sono diventate i social media. Gratuite, istantanee e variegati, offrono una svariata gamma di prodotti per l’intrattenimento. Non solo: danno la possibilità a chi ama condividere contenuti di farlo, mettendoci la faccia, ed avere un contatto diretto con i fruitori. Nasce quindi il mestiere dello “youtuber”, ragazzi e ragazze che guadagnano grazie ai video che pubblicano. Fabrizio Cerrone (Napoli, 17 Maggio 1983) è uno di questi: ha deciso di accettare un’intervista per mostrare la sua realtà, incontrando lo staff del Vesuviano.it presso Soccavo. La prima domanda classica, raccontati di te. «Mi chiamo Fabrizio, e faccio i video “scemi” su facebook. Sono sette anni che faccio questo, però ho avuto varie fasi. Prima facevo lo youtuber a pieno, dopodiché ho scelto altre piattaforme. Prima facevo l’animatore nei villaggi, quando ho trovato un mezzo per ampliare ciò che già facevo sul palco, ho creato il canale assieme al mio amico Frank. Lui videomaker ed io protagonista. Facevamo parodie, anche di canzoni famose, e tutti ci chiesero di continuare. Ci siamo poi divisi lavorativamente. Questo sono io oggi: una “casa carut”, un po’ tutto. Non mi piace definirmi. » Cosa ti aspettavi di fare nella vita prima dei social? «Ho sempre voluto fare il comico. Mi piace far ridere, da piccolo raccontavo tutto ciò che mi capitasse. Ho iniziato a studiare il mestiere, da autodidatta e lo faccio ancora. Youtube e i social sono un’evoluzione del comico, perché ti avvicina agli altri perché c’è uno scambio, un dialogo. I commenti ti aiutano a migliorare, è uno scambio!» Riesci a monetizzare? «Riesco, ma si può fare sempre di più. Però non mi lamento. Monetizzo perché è il mio sostentamento. Ci sono vari modi per farlo, come per esempio fare serate, vendere merchandising, o chi viene invitato alle fiere… ognuno ha i suoi guadagni. Io cerco di fare product placement in maniera velata, penso prima a far ridere e poi a pubblicizzare. Non ho però partnership.» Hai un piano B? «No, ma ho avuto paura di non riuscire a fare quello che voglio. All’inizio facevo anche altre cose assieme a quello che faccio oggi, ma non riuscivo a fare ambedue nella maniera adeguata e con costanza. Quindi ho capito di dover fare solo questo… e menumal. Ti devi buttare, che vada bene o vada male» Quanto influiscono i fan nel tuo lavoro? «Tantissimo. Sono come il carburante per un motore. Mi scrivono, e questo rinforza. Ho un rapporto amichevole, anche se non mi piace definirli “fan”, ma persone che mi seguono. Amici sarebbe troppo essendo io una persona riservata ma pubblico sarebbe riduttivo e distanziante.» Quanto di Napoli c’è nei tuoi contenuti? «Potrei rispondere tutto e niente. Bisogna pensare alla relatività con cui uno intende napoletanità. Io sono napoletano, nei miei video parlo napoletano. Napoli per le occasioni è una “piazza difficile”, cattiva a volte, se vuoi fare una cosa devi essere avanti agli altri. Però ti da qualcosa, questo costante combattere ti da forza. Quindi Napoli è questo che ti da, sviluppi una furbizia. » Come descriveresti i tuoi contenuti? «Io sono tutti quei contenuti. Non saprei descrivermi quindi, io sono l’idea di ognuno di quei video. » C’è una differenza fra Fabrizio Cerrone reale e quello dello schermo? «Sì, tantissimo. Tutti pensano io sia costantemente vulcanico, esplosivo; ma sono una persona riservata, a cui piace anche stare per i fatti propri, isolato, a volte, a pensare. » Perché usi il termine Casa Carut? «Lo sentii dire da persone più anziane, e mi piace questa metafora che si differenzia da tutti gli altri insulti troppo volgari. Casa carut ti dice che non offri riparo, inaffidabile. L’ho adottato e, facendo video, il termine si è sdoganato tra i giovani.» Quindi per te Youtube e i social possono essere considerati la nuova televisione o il nuovo teatro? «Sì, per me lo sono ed in un certo senso e forse anche meglio. Sembra che il teatro sia morto, le persone si annoiano, preferiscono più trovare tutto online. Anche se la risata che hai dal vivo è diversa non lo farei, proprio perché ormai è tutto basato sull’interattività. La televisione, invece, è troppo statica, non puoi avere nessun tipo di contatto. »