Quando Tanzi voleva "salvare" il Napoli In evidenza

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“Tanzi vuole salvare il Napoli”. Una generazione di tifosi partenopei, oggi poco più che trentenni, imparò a convivere con questa frase. Una frase letta su ogni giornale, ascoltata su ogni emittente, ribadita da tanti, quasi da tutti, al punto da diventare una realtà inconfutabile. Una storia tutta italiana, vecchia almeno quanto l’unificazione di una nazione nata male e cresciuta peggio. Nulla di nuovo: il magnanimo “nord” che salva lo scapestrato “sud”, senza nessun secondo fine, naturalmente. Nel corso degli anni, la frase si è poi trasformata in “quando Tanzi voleva salvare il Napoli”, ancora oggi generazioni di giovani tifosi napoletani hanno imparato a ringraziare quel “benefattore” parmigiano, che provò a salvare il Napoli. Il sud come sempre costretto a ringraziare il nord. Per quale motivo Tanzi, come si disse, volesse così fortemente salvare il Napoli non si è mai capito. Anzi, a distanza di anni, dopo quanto è accaduto, se non ci fosse da piangere ci sarebbe quasi da ridere rileggendo quella famosa frase di Tanzi e il salvataggio del Napoli. Una storia lunga un ventennio, fatta di Presidenti, debiti, fallimenti. Per lo meno, al momento, solo un fallimento. Quello del Napoli. Una storia tutta italiana, insomma, che forse vale la pena ricordare. Erano gli inizi degli anni 90 e il Napoli di Ferlaino, dopo aver trionfato e goduto con Maradona, si trovava in cattive acque finanziarie. La squadra, comunque, non era male. Assorbito il colpo dell’addio di Diego, i tifosi partenopei potevano contare ancora su campioni di un certo calibro. Ricordare i nomi di quei calciatori vorrebbe dire fare uno sgarbo a quella generazione di tifosi napoletani costretta a convivere con l’austerità di una società in crisi. Di fatto, per evitare il fallimento, ad ogni sessione estiva di mercato Ferlaino era costretto a vendere i pezzi pregiati al miglior offerente. Ad approfittare della grande svendita napoletana fu soprattutto l’emergente Parma di Calisto Tanzi. Dal 1993 al 1995, Ferlaino e Tanzi conclusero diversi affari. Il Parma acquistò Massimo Crippa per 9 miliardi, Gianfranco Zola per 13 miliardi e Fabio Cannavaro sempre per 13 miliardi. Affari. Per il Parma, naturalmente, che si ritrovò in squadra un sontuoso centrocampista, uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi e uno dei più forti difensori al mondo, all’epoca appena ventiduenne, per la modica cifra di 35 miliardi di vecchie lire. Non tutto in contanti, perché il Napoli aveva pur sempre bisogno di abbozzare una squadra per l’anno dopo, pertanto il “benefattore” Tanzi riusciva a strappare anche qualche sconto in cambio di calciatori da dare in prestito. I tifosi del Napoli di oggi vedono De Laurentiis vendere Cavani al prezzo che dice lui e poi acquistare Higuain. I tifosi del Napoli degli anni 90 vedevano i propri idoli prendere la strada di Parma, al prezzo che diceva Tanzi, e dall’Emilia arrivavano i prestiti dei vai Bia, Gambaro, Pizzi, Matrecano. Calciatori più o meno dignitosi, non certo campioni. Oltre il danno la beffa: quei tifosi del Napoli degli anni 90, secondo la stampa italiana, dovevano anche dire grazie a Tanzi, che faceva tutto questo non per comprare calciatori straordinari ad ottimo prezzo, ma per salvare il Napoli!

Da lì a pochi anni, poi, quel “benefattore” fu protagonista del più grande scandalo di bancarotta fraudolenta perpretrato da una società europea e fu arrestato nel 2003, dopo aver lasciato un buco di circa 14 miliardi di lire, tutto a spese degli azionisti. Il 2004 fu l’anno del fallimento. Ma a fallire fu il Napoli, nonostante oltre dieci anni di sacrifici, vendite dolorose, indebolimenti costanti della rosa, due retrocessioni, la seconda delle quali favorita tra l’altro dal risultato di una strana partita tra Parma e Verona, due società che avevano lo stesso proprietario. Ironia della sorte, proprio Tanzi. Il Parma nel 2004 non fallì, nonostante le gravissime irregolarità della Parmalat. Alla società emiliana fu lanciato un gran bel salvagente, una normativa fresca di varo, nota come “Legge Marzano”, che consentiva alle società indebitate di avvalersi di un’amministrazione controllata. Di fatto, il Parma cambiò nome, da “Associazione Calcio” a “Football Club”, evitando di ripartire dai dilettanti in attesa di un compratore. Compratore che arrivò nel 2007, un giovane imprenditore bresciano di nome Tommaso Ghirardi, capace di accumulare circa 90 milioni di euro di debiti in pochi anni, per poi indignarsi pubblicamente per la mancata concessione della licenza Uefa, nell’estate 2014. “Perché siamo troppo civili, siamo troppo corretti”, disse, aggiungendo che tutti gli altri dovevano vergognarsi. Già, una storia tutta italiana, che continua con presidenti fantasma, dipendenti non pagati, partite saltate. E, forse, con il fallimento di una società con undici anni di ritardo. Forse.