Loro non sono Napoletani...per fortuna! In evidenza

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Lo urlano in tanti. Non sono napoletani e ci tengono a farlo sapere in giro. Non che sia poi questa gran notizia che persone di altre città non siano napoletani, però ci tengono a sottolinearlo. La frase si canta ormai da anni in tutti gli stadi d’Italia. Recentemente, è stata più volte ascoltata in occasione della partita di Coppa Italia tra Lazio e Napoli, insieme all’altrettanto celebre motivetto sul Vesuvio, sempre di moda. Ma è solo l’ultimo esempio. “Noi non siamo napoletani”: urlano e cantano ovunque i tifosi delle altre squadre e ne vanno fieri. Buon per loro. Ma non è solo un coro da stadio. Qualcuno, nel recente passato, ha tenuto anche a ribadirlo con dichiarazioni pubbliche. O dichiarazioni private che poi sono diventate pubbliche. E’ il caso dell’atleta, specializzato nella marcia (o nel marcio?), Alex Schwazer.  E’ nato a Vipiteno, in Alto Adige, chiaramente non è napoletano. Però ci tenne a rimarcarlo. Era il 2012, anno olimpico. Il 6 agosto all’atleta fu annunciata la notizia di essere stato trovato positivo all’eritropoietina, a seguito di un controllo a sorpresa dell’Agenzia mondiale antidoping, ed escluso dalla competizione delle 50 km di marcia di Londra 2012. La notizia fece scalpore, del resto Scwazer era campione olimpico in carica e speranza azzurra anche per l’edizione londinese. Pochi giorni prima di essere squalificato, il marciatore scrisse una mail al medico federale: “Posso giurare che non ho fatto niente di proibito, ti ho dato la mia parola e non ti deluderò. Sono altoatesino, non sono napoletano”. Che belle parole! Solo successivamente l’altoatesino, o, se si preferisce, il non napoletano, confessò in lacrime la sua colpevolezza ed è tuttora squalificato fino al 29 aprile 2016.

Altra storia interessante, quella dell’Atalanta e del suo capitano e bandiera Cristiano Doni. Era il giugno del 2011 e la società orobica, appena tornata in serie A, si ritrovò al centro dello scandalo delle scommesse illegali nel calcio. Principale indagato, il capitano Cristiano Doni, che per la cronaca è nato a Roma e cresciuto a Verona, anche lui pertanto non è chiaramente napoletano.

Doni non era nuovo a situazioni del genere. Già nel 2001 fu accusato, assieme ad altri calciatori, di aver pilotato il risultato della partita di Coppa Italia tra Atalanta e Pistoiese. Nella circostanza, però, le accuse furono ritenute infondate dalla magistratura. Doni fu assolto e tornò regolarmente in campo ed iniziò ad esultare ad ogni gol portandosi le dita al mento ed alzando lo sguardo, a voler rimarcare la sua “testa alta” di fronte all’infamia delle accuse che lo avevano riguardato. Solo anni dopo avrà modo di confessare che anche quella partita con la Pistoiese del 2001 era truccata.

Ma tornando al giugno del 2011, i tifosi dell’Atalanta scesero in strada per manifestare in favore della loro squadra e del loro capitano. Una trasmissione dell’emittente nazionale La7, “L’Infedele”, condotta da Gad Lerner, ebbe modo di raccogliere le testimonianze dei tifosi bergamaschi. Uno di questi, in particolare, tuonò con convinzione: “l’Atalanta è una società seria. Noi non siamo napoletani, non abbiamo i boss dietro la rete della porta, noi”. Parole che furono tranquillamente mandate in onda dalla trasmissione, senza censura. Del resto, che c’è di male a dire che gli atalantini  sono persone serie e soprattutto non sono napoletani?

Gad Lerner, successivamente, si scusò pubblicamente ma in maniera piuttosto forzata.

L’acceso tifoso faceva riferimento ad una partita del 2010 tra Napoli e Parma, che i media non persero occasione di sbattere in prima pagina in occasione dello scandalo delle scommesse che era in corso.

Quella partita fu vinta dal Parma. Un anno dopo qualcuno si accorse che dietro la porta c’era Antonio Lo Russo, figlio di un noto boss della camorra, che dalla foto scattata sembrava non esultare al gol del momentaneo pareggio di Hamsik, come a far intendere che tenesse alla vittoria degli ospiti. Lo Russo, all’epoca dei fatti, era un cittadino libero ed aveva regolare pass di addetto al campo. Tra l’altro, al gol di Hamsik esultò pure. Ma qualcuno ci tenne a sbattere in prima pagina quella non notizia. Fu immediatamente stabilito che non ci furono flussi di scommesse irregolari per quel Napoli-Parma e la società partenopea ne uscì naturalmente pulitissima. Piuttosto, Cristiano Doni fu squalificato per tre anni e sei mesi per illecito sportivo e l’Atalanta costretta ad iniziare la stagione successiva con una pesante penalizzazione di punti.

Ma a proposito di quel Napoli-Parma del 2010, il presidente della società emiliana, Tommaso Ghirardi, a scanso di equivoci volle subito prendere le distanze dall’ipotesi di irregolarità. “Noi a Parma abbiamo soltanto il boss dei prosciutti” disse, con un filo di ironia. Ironia che a distanza di anni appare decisamente fuori luogo. Oggi, Tommaso Ghirardi è indagato per bancarotta fraudolenta e sul Parma sta indagando anche la Procura Antimafia di Bologna. Si cerca di fare chiarezza su uno strano flusso di denaro all’interno del club parmigiano. Altro che boss dei prosciutti.

“Noi non siamo napoletani” si urla e si canta negli stadi d’Italia e talvolta qualcuno ci tiene anche a ribadirlo, per sentirsi pulito. E allora, giacchè costoro ci tengono tanto, vale la pena ricordarlo ancora una volta: Alex Schwazer, Cristiano Doni e il suo acceso sostenitore e Tommaso Ghirardi. Loro, grazie a Dio, non sono napoletani.