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Sullo sfondo il Vesuvio che erutta lava, che diffonde paura, morte e terrore. Le grida strazianti di chi cercava la salvezza sembrano riecheggiare e poi, il silenzio tombale. Non è la proiezione di Pompeii il film del 2014 diretto da Paul W. S. Anderson e con protagonisti Kit Harington, Emily Browning, Kiefer Sutherland e Jared Harris che si ispirò proprio all’eruzione del 79.a.c. ma è la voce di Mariograzio Balzano a tenere gli astanti con il fiato sospeso. L’attore e regista partenopeo è tra gli ospiti della festa della musica e recita i versi di Gaio Plinio Cecilio detto il Giovane. Mariograzio Balzano recita i versi in lingua napoletana (su tradizione dello scrittore Carlo Avvisati). La suspense cala sulla piazza, il pubblico è colpito dall’interpretazione viscerale di Balzano c’è chi spalanca gli occhi ed ammira e si lascia trasportare in questo viaggio nel tempo con un pathos. Ed è uno spettacolo nello spettacolo del sincronismo tra parole ed immagini che scorrono violente sullo sfondo. La parola finisce in simultanea con il video. Dalla piazza si leva fragoroso un applauso quasi liberatorio ad interrompere quell’atmosfera surreale creata ad arte della magistrale interpretazione di Mariograzio Balzano. Un tripudio di complimenti ed un velo di emozione traspare sul viso di Carlo Avvisati, lo scrittore che con amorevole passione ha napoletanizzato i versi di Plinio il Giovane.

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Incontro oggi per una chiacchierata intervista un artista, un giovane ragazzo studente di giurisprudenza, Nicola Le Donne, attore napoletano, diplomato all’Accademia del Teatro “Totò”, specializzato nel teatro d’avanguardia. Ho avuto il piacere di aver conosciuto per puro caso Nicola e ho adesso in lui un punto di riferimento, un attore prodigo di consigli sempre, vicino a tutti quelli che vivono per questo meraviglioso mondo e per l’arte in generale. Allora Nicola, cosa significa per te il teatro? Un’esigenza, una ragione di vita per comunicare. Il teatro ti prende, è qualcosa d’intrinseco che deve venire fuori. Tutti dovrebbero far teatro, ti fa comprendere che ci sono dei ruoli gerarchici da rispettare, sempre. Fa sì che si lavora in squadra e per la squadra, fidarci di chi ci guida, uniti sempre per un solo e unico obiettivo. I tuoi miti? Sicuramente Carmelo Bene, Gassman, Eduardo, Totò, Viviani. Una menzione particolare per Grotowski una delle figure di spicco dell’avanguardia teatrale del Novecento, chi creò la concezione di “Teatro povero”.Degli attori “ moderni” Gigi Proietti e Giancarlo Giannini. Che cosa c’è dietro lo spettacolo? Lo spettacolo è l’atto conclusivo. Per un’ora di spettacolo ci sono circa tre mesi di lavoro. Lavoro che parte dall’idea, dalla stesura del testo, dal confronto con la produzione, dal lavoro della regia, un lavoro complesso, qui, prende forma lo spettacolo con la scelta degli attori, l’adattamento, poi ci sono le luci, le musiche, la scelta del mobilio. Ricordati sempre che chi viene a teatro, chiude la porta di casa, vuole lasciare lì propri problemi, le difficoltà, e lo spettacolo diventa quasi una forma terapeutica, quindi, bisogna avere sempre rispetto, serietà e professionalità perché il pubblico affida all’attore una parte del proprio tempo e lo stesso è un bene inestimabile. Poi c’è la parte oscura del teatro, quello della solitudine, quello di esser soli nei viaggi, in macchina, soli quando si cena, quando si va a letto, è una vita come diceva Eduardo “ fatta di sacrifici”. Programmi per il futuro? Sembrerà strano ma sono un ragazzo che non programma il domani e che non gradisce le frasi fatte. Ho un solo e unico progetto: fare teatro in tutte le sue forme, qualunque cosa che mi sia proposta e che ritengo valida accetto. Che cosa manca alla società di oggi? Manca il teatro nella scuola. Un bambino che fa teatro capisce che nella vita ci sono dei ruoli da rispettare, affronta la vita con una certa mentalità, con una dizione e postura diversa da chi non lo fa. Chi sono gli artisti del domani?Ci sono tanti e vari artisti davvero bravi che però a volte si piegano alle esigenze di mercato. Una concorrenza spietata di chi fa arte, a volte si sceglie nel nostro campo non chi sia il più bravo, ma chi ha più like o visualizzazioni e questa non è arte. Poi un consiglio da dare ai giovani o a chi approccia a questo mondo, non fidatevi di chi promette il mondo e non lo può mantenere, personalmente sulla mia strada ho trovato un uomo, un professionista serio, Gaetano Liguori che ha creduto nelle mie potenzialità, e ha avuto la forza e il coraggio di mettermi sul palco. Come si prepara l’attore al grande evento? Lavorare sempre con umiltà avendo sempre rispetto per il pubblico. Il pubblico è il giudice supremo e verso di loro si deve sempre avere rispetto. Salutiamo Nicola sorseggiando un buon caffè, ma l’ultimo pensiero lo esprime dapprima ringraziando l’intera testata giornalistica e poi dichiara “ si tenta di far cultura fra mille difficoltà, questa è l’epoca dei direttori artistici che in un teatro non sono mai entrati, è l’epoca degli artisti che vanno a caccia dei like e dei mi piace, è un momento storico economico importante, è l’epoca, dove sono tagliati i finanziamenti dei più grandi teatri, un teatro che diventa un supermercato, assurdo, così si ammazza la cultura e allora devono scendere in campo prepotentemente i giovani che devono portare le idee, non devono demordere o fermarsi alla prima difficoltà, affrontando sempre il pubblico con il dovuto rispetto”. Nicola ci lascia con questa massima da lui coniata: “Il teatro è l’arte di rappresentare la realtà mediante la finzione”.

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Napoli è storia, è arte, è amore per qualsiasi forma essa abbia. E' per questo che, nel corso dell'anno, diverse sono le iniziative che vengono intraprese per valorizzarne la storie e la sua millenaria cultura. Dal 11 Gennaio all'8 Febbraio ci sarà una rassegna gratuita di film horror d'autore presso l'ex Asilo Filangieri sito a San Gregorio Armeno. L'Asilo è la ex sede del Forum delle Culture e dal 2012 è uno spazio aperto dedicato alla cultura, interamente gratuito. E' richiesto solo un contributo a piacere per sostenere le spese minime che hanno. La rassegna in questione si chiama “I Put a Spell on You – il corpo stregato dell'horror contemporaneo” e comprende cinque film ogni giovedì in due spettacoli: Giovedì 11 Gennaio 2018, ore 18,00 e 20,30: Solo gli amanti sopravvivono, di Jim Jarmusch. Giovedì 18 gennaio 2018, ore 18,00 e 20,30: Pulse di Kiyoshi Kurosawa Giovedì 25 Gennaio 2018, ore 18,00 e 20,30, Twixt di Francis Ford Coppola Mercoledì 31 Gennaio 2018, ore 18,00 e 20,30, Lasciatemi entrare di Tomas Alfredson Giovedì 8 Febbraio 2018, ore 18,00 e 20,30, The Addiction di Abel Ferrara
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Salvatore De Chiara (Napoli, 1985), è uno scrittore, regista e giornalista campano. E’ laureato alla triennale in “Linguaggi Multimediali e Informatica Umanistica”, e nella magistrale in “Imprenditoria e creatività per Cinema, Teatro e Televisione.” Dal 2012 è iscritto all’Albo dei giornalisti Pubblicisti della regione Campania. Ha realizzato numerosi lungometraggi nell’arco della sua carriera e nel 2017 uscirà per la sua regia “Na Wave, documentario sul panorama musicale emergente partenopeo, essendo lui un musicista autodidatta – suona da autodidatta ed ha composto le soundtrack dei suoi lavori. Nello stesso anno esce Pandemonium, il suo romanzo d’esordio che ha deciso di presentare alla redazione del Vesuviano.it. con un’intervista. Salvatore si accomoda sulla sua sedia dopo aver bevuto un caffè. Le domande sono già pronte, è a suo agio con la copia del suo libro in mano. Dopo una serie di foto scattate per l’articolo e un paio di chiacchiere, si comincia. Prima domanda: raccontaci di te. «Salvatore De Chiara è un “ragazzotto” di trentadue anni cresciuto in una cittadina talmente problematica in quanto indifferente in tutto quello che sono stati i suoi percorsi professionali poiché ha deciso, a dieci anni, di fare cinema. Cerco di portare avanti la mia passione affinché diventi professione; è anche molto schivo… è difficile descriversi, odio farlo, però le certezze che posso affermare sono: appassionato, passionale per ciò che riguarda le sue passioni, sarcastico, cinico e buono. Voglio evitare dirmi scrittore e regista, perché voglio che la gente veda le cose che scrivo e dirigo così da rivedersi in quello che faccio. Sono una persona molto attenta.» E’ stato difficile emergere sul territorio campano? «Mi piace questa domanda. Molte persone ironicamente dicono “io ho l’amico famoso”; io non sono famoso, le persone che cercano di vivere con l’arte non diventano famose. Sono le cose che fanno a diventare famose e gli artisti non fanno altro che riflettere della luce del loro progetto. Io non sono ancora emerso perché non posso ancora comprare casa con il lavoro che faccio, però il libro è stato un incoraggiamento e mi ha introdotto commercialmente in questa professione e mi ha fatto introdurre geograficamente nella mia città. Farmi conoscere nella provincia casoriana non è stato complesso anche grazia alla non presenza di concorrenza, cosa che così non è stata per il confronto con il capoluogo, un po’ più complesso. A Napoli ci sono colleghi che ti rendono difficile emergere, dove c’è confusione e non c’è coesione e non c’è spirito di condivisione e di partecipazione. C’è molto protezionismo, bisognerebbe crescere lavorativamente come nella musica degli anni 70’ e coinvolgere anche gli altri che fanno il tuo mestiere.»; Sei poliedrico: prevale la penna o la telecamera? «Di base è una cosa che cerco di non dire perché è molto arrogante. Nasco cinema e muoio cinema. Tuttavia – e questo è il motivo per cui ho deciso di scrivere un libro – il regista va pensato come uno che ha sempre la penna in mano, ed è anche uno sceneggiatore, che scrive delle storie. E’ tutto collegato!, cambiano solo dei dettagli tecnici. Si ricollega tutto. Sono persone che raccontano storie. Siamo venditori e narratori storie. Per campare diamo possibilità alle persone di intrattenere il loro tempo libero con delle storie. Ti rendi conto che siete tutti la stessa grande famiglia. Quindi… prevale la telecamera perché il cinema è parte della mia vita. Però sono equivalenti. »; Hai un rituale prima della scrittura? «L’unica forma mentis standard è quella delle scalette ma non ho un rituale in particolare, che mi aiuta a scrivere. L’unica cosa che mi voglio tenere stretta è un’abitudine: io amo scrivere appunti prima su carta. Non mi siedo davanti ad un computer per scrivere su word direttamente: non riesco a stare fermo su un computer. Infatti il libro che sto per presentare è stato scritto interamente su un quadernone.»; Pandemonium. Perché hai scelto questo titolo? « Il tema del libro nasce dalla rabbia e dalla confusione, ed il termine racchiudeva l’insieme di questi sentimenti. Anche se mi è stato d’aiuto, il mio essere stato un adolescente – e questo è un aneddoto carino – amante dei videogiochi, e Pandemonium è un videogioco della playstation degli anni 90’ che io adoravo, genere piattaforme, ed io ho sempre voluto scrivere qualcosa con questo nome. Appena ne ho avuto l’occasione, nonostante di solito non mi piaccia il citazionismo, l’ho utilizzato.»; Parlaci del libro. « Pandemonium, come già detto, nasce dalla rabbia che a sua volta spuntò a fine 2014 in un momento un po’ di frustrazione quando alcune cose non andavano molto bene; a livello professionale avevo fatto delle cose interessanti, avevo lanciato un corto a cui sono molto legato e ho scritto un romanzo che poi mi è stato ignorato dalle case editrici. Non riuscivo a capire cosa mi andava male. Anche nel privato ho avuto delle situazioni spiacevoli, ci sono stati momenti di incomprensione, tutte cose che erano quadro di un momento – il romanzo non è autobiografico, precisiamo – ho sentito il dovere di dovere di dover staccare da tutte quelle regole narrative che i corsi di scrittura ti impongono. Ero stanco di stare ad esse e mi sono dedicato a qualcosa di molto rapido ed immediato che arrivasse al pubblico in maniera diretta, e molto istintivo. Non volevo pensare troppo mentre scrivevo. Tra l’altro mi sono incitato in questa cosa perché volevo inviare il romanzo ad un concorso che si chiamava “Premio La Giara” della Rai, inviato e non preso. Dopo un anno e mezzo, una casa editrice lo ha preso in affetto e lo ha pubblicato. Lo spunto del libro è stato dato dall’aver visto i primi film del regista Mike Leigh, il quale utilizza il genere Slince of Life, e la sua naturalezza: egli raccontare fette di vita dove si analizzano molti dettagli della vita quotidiana, in modo tale da creare un ambiente più intimista, cosa che ho cercato di ricreare. La scansione del romanzo è divisa per mesi, è quella di un anno di vita di un aspirante musicista, che io ho chiamato Luigi per aver una nomenclatura universale anche all’estero, ho cercato qualcosa di identificabile ovunque; la vita di questo musicista è un viaggio di formazione, neo venticinquenne che si affaccia su una certa vita in quanto terminata la sua laurea e deve schivare le domande contrarie di chi gli è accanto perché, se decidi di fare musica, non è sempre facile. »; Perché hai scelto la vita universitaria come cornice, prima ed il precariato poi? «La vita universitaria è il nuovo “diploma”, tutto si è spostato sui ventotto ventinove anni dove un ragazzo consegue la laurea e lì arriva il vero precariato, dove non ci si può nascondere più nel guscio del “sono ancora studente”. Io ho vissuto sulla pelle certe sensazioni, comunque inserite nel romanzo trasformate in un racconto, ci ho messo molto di mio conscio di ciò che mi è successo dopo aver conseguito nel 2010 la laurea triennale: ho vissuto quattro mesi di “buio” in attesa di iniziare la magistrale dove non potevo far nulla se non qualche corso. Ero in stasi. Facevo l’animatore ma niente di più, non potevo prendere decisioni a lungo termine ed ero precario, era difficile e dovevo scegliere il mio percorso personale, ma era complesso. Non riesci a far capire agli altri che il percorso che stai facendo è serio, soprattutto perché in quel momento sei fermo e tutti credono che non stai facendo niente. Tra l’altro, ti fanno sentire il peso di un lavoro che non dovrebbe esserci; serve attenzione nella scelta lavorativa: spesso le persone si piangono troppo addosso senza creare occasioni. C’è il precariato del lavoro e lo studio che non da’ più nulla. La laurea diventa un momento di insicurezza, dunque, perché non si sa dopo cosa accadrà. E’ un momento particolare della vita ed è per questo che l’ho voluto raccontare. »; Nel libro parli di svalutazione di mestiere artistico. Cosa ne pensi? « Quando fai cinema o letteratura per le persone, stai perdendo tempo. Chi me lo viene a dire però quando torna a casa, guarda la televisione, legge il giornale, legge libri: tutte cose che non nascono dagli alberi ma vengono prodotte da persone. E’ un paradosso in cui non voglio vivere. Perché, se non sei un avvocato, o non sei un ingegnere, o altro, allora non è lavoro. C’è una svalutazione di alcuni mestieri perché sembrano una perdita di tempo nonostante i loro “frutti” vengano utilizzati quotidianamente! Tutti i giorni la creatività diventa lavoro. Perché non dovrebbe essere seria l’arte? E non dovrebbe essere apprezzata? Gli insegnamenti dovrebbero essere istituzionalizzati in maniera seria, cosa che invece non viene fatta perché, già dopo le medie, la musica viene tolta dall’insegnamento. I miei corsi di studi a Napoli sono stati cancellati nonostante la mia città abbia dato tanto per l’Arte al mondo!, l’Italia ha dato tanto prodotto culturale. »; Com’è il tuo rapporto con il lettore? «Il mio rapporto con i lettori è piacevoli perché ho molta risposta, mi dicono sui social “ti ringrazio per quello che fai”, per la tua passione che permette loro di vedere la realtà con una visione diversa. I lettori amano dare la loro risposta e anche i miei amici hanno dato i loro feedback positivi, quindi sono felice di aver avuto una risposta positivi. Io adoro avere dei feedback ed è giusto e doveroso sentire le voci di chi investe il proprio tempo e denaro per quello che fai; l’intrattenimento è una cosa importante, il minimo è sentire il lettore ed avere il riscontro. Adoro chiacchierare e sentire il lettore. Detesto la solitudine e la mancanza di conversazione. »; Cosa consigli ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera? «I consigli che posso dare agli aspiranti scrittori sono cinque; il primo è pazienza. La pazienza è un dono, con chi ti umilia e sminuisce e nell’attesa di una risposta. Bisogna avere una sorta di paraocchi della pazienza che ti ricorda quello che vuoi fare e perché lo vuoi fare; Secondo, la costanza, perché devi creare sempre cose, senza fermarti e non concederti troppe pause ampie perché fermarsi non fa mai troppo bene alla creatività, l’inattività non deve esistere. Terzo, lo studio, deve essere lo studio che non hanno gli altri ma maggiore di essi. Si deve essere una spanna sopra la concorrenza in modo tale da essere sempre un passo in avanti, avere sempre una tecnica in più. Quarto, la capacità di non applicarsi molto – presa in prestito dai fratelli Manetti – sul che come girare, ma di cosa parlare, sul contenuto e non sul come parlarne. L’importante non è la grande tecnica ed i grandi mezzi, ma la storia, ciò che si vuole raccontare. Quinto, sensibilità maggiore degli altri. Fare le cose che altri non hanno fatto. Soluzione che gli altri non hanno scelto, più modesta, fare la pecora nera, cosa che aiuta molto.»; Dove possiamo trovare il tuo libro? «Voglio ringraziare Lettere Animate Editore e all’epoca la figura di Roberto Incagnoli, che era a capo della casa editrice quando mi ha fatto la proposta commerciale di pubblicazione. Devo molto a queste due realtà, il mio romanzo non si trova sugli scaffali ma in digitale, può essere stampato ovunque, è prenotabile ovunque in qualsiasi libreria, è presente su Amazon, IBS e in ebook. »; Ci saranno altri incontri promozionali? « Il prossimo incontro commerciale sarà il 28 Dicembre a Cava de Tirreni, presso il Bistrot Libreria Rodaviva, sicuramente ce ne saranno altre che sto chiudendo e sviluppando al Comero, e fuori dalla Campania: a Roma, Teramo, Milano, Bologna e alla Cittadella di Casoria. Un grazie speciale alla redazione del Vesuviano che mi ha concesso questa splendida intervista. Siete stati gentilissimi e fantastici.»;
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Torna puntuale il concorso di poesia "Vesuvio" come da tradizione, l'associazione teatrale "i giovani della piazza" sapientemente diretta da Nando Zanga, ha lanciato il nuovo bando di partecipazione al concorso di poesia (e non solo) "Vesuvio". il bando di partecipazione, disponibile in questa pagina, oltre alle classiche categorie in lingua napoletana ed in lingua italiana, quest'anno presenta anche le sezioni "arti figurative" (scatti ed immagini dal parco nazionale del Vesuvio) e la sezione "idee innovative" , proposte per la tua città. Gli elaborati dovranno pervenire all'indirozzo : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre il 30 dicembre 2017 mentre il concorso è in calendario per il prossimo 24 marzo 2018 nella sala consiliare del comune di Terzigno.