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La storia c'è chi la scrive e chi la prescrive... In evidenza

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"C'è chi legge la storia e c'è chi la scrive". Così recitava una delle due magliette celebrative sfoggiate lo scorso anno dalla Juventus, al termine dell'ennesimo campionato (meritatamente) vinto. L'altra maglietta, un po' meno altezzosa e più simpatica, ribadiva: "non c'è 2 senza 3", con i due numeri incrociati in modo da indicare il "32", equivalente al totale degli scudetti che la società torinese dichiara di aver vinto. In barba alle sentenze. Del resto, "vincere è l'unica cosa che conta", altro slogan bianconero famoso. Non importa evidentemente come.

La storia, dunque, c'è chi la scrive. Ed è storia di pochi giorni fa, che più che scritta si è prescritta. Ancora una volta. Dopo nove anni si è chiuso il processo di Calciopoli, con il verdetto della Cassazione che ha mandato in archivio tutto, fuorchè i dubbi. Prescrizione. Un finale di storia talmente scontato da sembrare ormai da tempo già scritto. O prescritto.

Le motivazioni saranno pubblicate entro 90 giorni, tanta altra acqua scorrerà tranquillamente sotto i ponti, con la stessa sensazione vissuta in questi anni, vale a dire di assistere ad un’ennesima storia italiana, fatta di giorni persi, di lungaggini, rinvii e alla fine di decisioni mai prese. Perché, come è anche piuttosto semplice da intuire, prescrizione non vuol dire assoluzione, vuol dire semplicemente l’impossibilità di arrivare ad una sentenza definitiva.

Non è la prima volta che ciò accade, come da degno costume italico. Ma non è la prima volta che accade nemmeno quando l’imputato si chiama Juventus.

Successe anche anni fa, quando le accuse mosse alla società piemontese furono di doping. Anche quello fu un percorso lungo e pieno di ombre, iniziato con le accuse dell’allenatore Zeman, nell’estate del 1998, proseguito con le indagini infinite del procuratore Guariniello e concluso, anche in quel caso, con la prescrizione a salvare l’allora amministratore delegato bianconero, Antonio Giraudo, e il responsabile del settore medico, Riccardo Agricola, dall’accusa di frode sortiva. 

Che le parole chiave siano “doping” o “calciopoli”, la sostanza non cambia, come non è cambiato l’esito dei processi. La non sentenza lascia tutti nel limbo delle discussioni, un invito a nozze per una nazione, come quella italiana, che altro non è che un immenso Bar Sport, sempre pronta ad accalorarsi su facezie, piuttosto che pensare alle cose serie. Ognuno resterà della propria idea, ognuno ribadirà le proprie convinzioni accusando gli altri di scarsa obiettività. E tutto resterà come prima.

Molto prima della pubblicazione delle motivazioni, la Juventus festeggerà l’ennesimo scudetto.

Perché “vincere è l’unica cosa che conta”. E poi c’è la storia, che c’è chi la scrive e chi evidentemente la prescrive. Per arrivare all’ultimo e forse più profetico degli slogan celebrativi dello scorso anno: “non c’è 2 senza 3”.

E dopo la prescrizione per il processo per doping e quella per Calciopoli, aspettiamo serenamente la terza prescrizione.