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Cinquanta sfumature di grigio, di ridondanza e di patetiche scene

Mercoledì, 18 Febbraio 2015 11:23 Scritto da  Pubblicato in Tempo Libero Letto 2453 volte
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Finalmente ci siamo, l’attesa è finita! A partire dal 12 febbraio in più 800 sale italiane è uscito l’attesissimo film Cinquanta sfumature di grigio, tratto dall’omonimo best-seller scritto da quella furbona di una casalinga disperata di E.L. James, ribattezzata anche come “miss 100 milioni di copie”. Da quando l’estate scorsa è uscito il primo trailer che annunciava l’arrivo nelle nostre vite del fascinoso e tormentato Cristian  Grey che seduce la scialba ed ingenua studentessa di letteratura inglese Anastasia Steel, le nostre notti non sono più state le stesse. Tutte le componenti piccanti, trasgressive, perverse, e a tratti un po’ eccessive di cui il libro pullula, comprese le pratiche sado-maso, le tecniche di bondage, il fisting, e tutta quella roba lì, vengono ridotte ad una banalissima e scontatissima storia d’amore, neanche poi tanto originale. Dove sono finite le sculacciate forti che lui le da di continuo? Dove le frustate da far arrossire e sanguinare la pelle? Dove i segni delle corde sui polsi? Dove quel fiume di sesso? Dove quegli infiniti spasmi della povera malcapitata Anastasia? Niente, nulla di nulla, o almeno non quanto ci saremmo aspettati, e lo dico anche con una punta di delusione, perché se le cose si devono fare, almeno che vengano fatte per bene.

Quello che si evince dalla pellicola, diretta da Sam Taylor-Johnson è solo un fiume di sensi di colpa da cui è afflitto Grey, interpretato da mister “ho solo cinque espressioni in viso” Jamie Dornan, che si spaccia per Dominatore, ma in realtà è soltanto un insignificante adolescente alla prima cotta, che non sarebbe in grado di fare del male neanche ad una mosca e che al primo accenno di rissa se la darebbe a gambe levate. La signorina Steel, interpretata da una convincente seppur insignificante Dakota Johnson, dimostra almeno di avere piglio, sarcasmo (si c’è anche del sarcasmo), ironia e anticipa furbescamente (merito della sceneggiatrice Kelly Marcel) alcune risate che il pubblico avrebbe sicuramente fatto nel sentire le assurdità che escono dalla bocca del bel pervertito Grey; salvo però mordersi continuamente il labbro inferiore ogni due per tre. La noia avanza prepotente nella seconda parte del film, quando lei vuole di più, vuole l’amore, mentre lui combatte contro sé stesso, contro i suoi demoni, segni di un passato tormentato e non riesce ad amore la ragazza, dai capelli improponibili, semplicemente perché non può cambiare ciò che è. Lui prova piacere nel picchiare le donne, è felice quando prende le sue Sottomesse a cinghiate, quando entra nella stanza dei giochi e tortura le povere disperate. La prima scena di sesso avviene dopo una mezz’ora buona dall’inizio del film e in quell’occasione lei non si è fatta la ceretta. Ebbene si, siamo negli anni 2000 e ancora c’è qualcuno che non sa usare un rasoio. Di spinto c’è poco, le scene sono abbastanza pudiche (solo 20 minuti di sesso, in confronto a quasi la totalità del libro) e la macchina da presa si allontana sapientemente quando le cose si fanno più compromettenti, lasciando solo uno sguardo voyeuristico. L’unico nudo integrale è quello della Johnson, mentre Dornan mostra solo il lato b. Non c’è sudore, non ci sono corpi che si sfiorano, non c’è tutta la carica erotica che il libro (almeno questo gli va riconosciuto) contiene in sé. Sono solo sei le frustate che Christian le da, nel subire le quale lei piange come una scolaretta, e nel vederla verrebbe da dirle: “Ma si può arrivare ad umiliarsi così tanto per un uomo?”. L’introspezione dei personaggi è minima, non c’è dialogo tra le parti, non ci sono confessioni, c’è solo un melodramma romantico che aleggia e ingoia qualsiasi buon proposito di perversione. Non c’era bisogno di scomodare Beyoncé, né Annie Lennox, e nemmeno il boss Springsteen per le musiche del film, né tantomeno presentarlo in anteprima alla Berlinale, dal momento che si tratta di un filmetto da blockbuster. Nulla più. E’un film senza pretese, a tratti disonesto e incommensurabilmente patetico e ridondante. L’erotismo è un’altra cosa, La vita di Adele o Nymphomaniac del maestro Lars Von Trier sono un’altra cosa. La James, a mio avviso, non è una scrittrice, è solo una volpe che, inserendo le tecniche BDSM in un libro più che mediocre, ha risvegliato gli istinti sopiti di casalinghe e donnette che hanno messo la loro sensualità sotto le suola di gomma delle ciabatte, per diventare schiave dei propri mariti e dei propri compagni, disposte a tutto, come Anastasia, pur di tenersi un uomo. In alcuni casi l’amore non salva gli altri e non salva nemmeno noi stessi.

Ultima modifica il Mercoledì, 06 Marzo 2019 15:39