Sembra essere un vero e proprio agguato quello che si è consumato pochi minuti fa a Terzigno. In via Fiume infatti,  una giovane donna di circa 35 anni è stata colpita da 4 colpi sparati dalla pistola di un uomo che prontamente si è allontanato a bordo della propria auto facendo perdere le sue tracce. La donna è stata soccorsa e trasportata in ospedale in condizioni gravi all'ospedale di Sarno . Sul posto sono prontamente intervenuti i carabinieri di Terzigno che stanno cercando di ricostruire la dinamica dell'accaduto. Esclusa la  rapina dato che alla donna non sono stati sottratti soldi o preziosi. Non è da escludere, quindi,  il movente passionale.  

Dopo la pausa estiva riparte questa sera la trasmissione televisiva "Terra Mia" il programma dai territori vesuviani. Diverse le novità: cambia innanzitutto la formula rispetto alla passata edizione. La conduzione sarà alternata (e non più concomitante) tra Francesco Gravetti e Genny Galantuomo. La durata del programma sarà di sessanta minuti rispetto ai trenta precedenti ed è articolata in due parti con argomenti attinenti il territorio vesuviano e non solo. In questa nuova edizione sarà dato grande spazio alla voce dei cittadini e dei rappresentanti delle istituzioni locali, a curare questa sezione sarà il giornalista Francesco Gravetti che per questa prima puntata incontrerà il sindaco di San Gennaro Vesuviano Antonio Russo (con il quale si parlerà della Fiera di San Gennaro) e con il presidente del consiglio comunale di Terzigno Giuseppe De Simone. Nella seconda parte della puntata Genny Galantuomo tratterà argomenti attinenti le tradizioni, la storia e la cultura di Napoli e della Campania. Saranno ospiti di questa prima puntata lo scrittore Angelo Forgione autore dei libri "Made in Naples" e "Dov'è la vittoria" e la signora Antonella Leardi mamma del tifoso del Napoli Ciro Esposito tragicamente scomparso l'anno scorso in occasione della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. 

L'appuntamento è fissato ogni lunedi sera alle ore 21.30 su Italiamia visibile in Campania sul canale 274 e da questa edizione anche nel Lazio sul canale 187.

Napoli e Trieste mai più forestiere

Venerdì, 21 Agosto 2015 19:35

La poesia ama le cose belle. E ama andarsi incontro per creare legami, coincidenze, vie di fuga uguali. Trieste incontra Napoli e lo fa attraverso la parola nuova, che nasce proprio come sboccia la vita: mescolandosi, incrociandosi. Il 20 e il 21 agosto sono in scena le prove per “In canto per la vecchia città di mare”, un recital ideato e diretto da Angela Giassi, in cui i versi di Umberto Saba e di Salvatore Violante vengono fusi insieme. Senza creare discordanze o dispersioni: solamente armonia, vicendevole comprensione. Ogni poeta resta proprio, ma ognuno versa un po’ di sé in un altro. Una parola che abbraccia la musica d’autore di Guccini e De André, ma anche quella classica di Vivaldi e Bach. Con Giovanni Cudin e Giovanna Modugno suona un flauto traverso, un violoncello, una chitarra. Si odono voci: melodie, attese compagne degli spazi mai vuoti d’emozioni che si susseguono. Una parola che- come spiega Angela Giassi- si carica di nuove sfumature, filtrando in mezzo al via vai delle persone che appaiono e scompaiono nel Chiostro del giardino pubblico triestino, sede del secondo incontro: vola invisibile tra i ragazzi che si baciano, i vecchi che sonnecchiano, le madri che corrono dietro i loro bambini. Abbiamo sentito telefonicamente la Giassi, autrice inoltre del libro “I giri d’angolo di Salvatore Violante” del 2014, e le abbiamo chiesto cosa l’abbia spinta ad intrecciare sul palco due figure poetiche di estrema forza osservativa. La sua intuizione nasce dall’immagine dell’uomo isolato dalla realtà fugace ed immerso nella natura in cui vive. Una Natura che cambia paesaggi -un Vesuvio e il colore delle sue radici in Violante, una Trieste, crocevia di esistenze, che si mescolano in Saba- ma che conserva sempre lo stesso valore affettivo, quasi viscerale, negli occhi di chi la scrive e non può, non sa staccarsene mai. E, ancora, la religione che sorprende muti e si mostra fra i vicoli pieni: la parola Signore, tanto in Violante quanto in Saba, si mostra con cautela, quasi in punta di piedi tra le altre parole. Un Signore che “dovette inabissarsi nel profondo/ infinito suo essere, nel vuoto/ Eterno dell’eterna noia” per divenire inizio (“Se lui lo guarda, l’infinito mare”- S.Violante) e un Signore, in “Città vecchia” di U.Saba che “s’agita in tutte le creature della vita e del dolore, come in me”. L’origine rivelata, l’esistenza che si manifesta in ogni sua forma vivente.

 

Uguali, ma usate in contesti diversi, le rime scelte mondo-fondo (l’idea del tutto, l’idea del niente) in “Amai”, dichiarazione di poetica del Saba, e nella gioiosa di Violante “Lasciati andare, danza”, vero e proprio inno alla libertà del vivere. Non bisogna necessariamente incontrarsi per conoscersi: le gambe del pensiero che unisce e della sensibilità che trascina hanno muscoli sempre forti. Se si fossero incontrati, queste due grandi voci della letteratura italiana contemporanea, avrebbero sicuramente fatto grandi cose insieme. Ma un insieme non si chiude mai prima che sia compiuto il suo giro e gli incontri che generano bellezza avvengono anche contro il tempo e contro lo spazio. Sono sempre dietro l’angolo.

Partirà ufficialmente domani l’avventura del nuovo parlamentino terzignese sotto la reggenza del neo sindaco Francesco Ranieri, una partenza che inevitabilmente dovrà tener conto dell’ultima fiammata rimbalzata agli onori delle cronache “politiche” locali. Dopo le fiamme “vere” per il vile gesto contro la macchina del consigliere Antonio Vaiano, altre bocche di fuoco intorno alla nuova componente politica locale. Ancora una volta, la solita mano anonima, quella che rifugia il confronto per lanciare invettive ed accuse. Forti, decise circostanziate - stando a quando riportato da una lettera denuncia che sta circolando all’ombra del Vesuvio- . In una fantomatica lettera, una altrettanto fantomatica associazione culturale (che nessuno ha mai visto all’opera da queste parti) “Terzigno Libera” punta deciso il dito contro le procedure dell’ultima tornata elettorale. Al centro della missiva inviata agli organi di giustizia, alle forze di polizia ed a tutti i candidati a sindaco nonché ai senatori Domenico Auricchio e Pietro Langella, si descrivono a detta degli anonimi sottoscrittori fatti, atti e circostanze che prefigurerebbero dei reati penali a carico di attuali esponenti della maggioranza. Una missiva che, stando alle prime indiscrezioni sembra essere null’altro che un rigurgito di astio e rancore nei confronti del movimento che ha sostenuto l’attuale sindaco Ranieri nell’ultima tornata elettorale. Non si ha ancora alcuna certezza se sulla vicenda le autorità preposte avvieranno le indagini di rito, ma allo stesso tempo è opportuno che chi ha eventualmente giocato sporco paghi il maltorto. Un inizio di mandato in un campo minato per Ranieri che però stronca sul nascere polemiche: “c’è chi non vuole assolutamente che Terzigno rinasca e prova in tutti i modi ad infangare i nomi di persone oneste e perbene che mi hanno sostenuto. Certe accuse vanno provate con atti e prove non nascondendosi nell’anonimato solo per cercare di discreditarci. Dopo anni di torpore sto vedendo i terzignesi risollevarsi così come gli ultimi eventi pubblici stanno evidenziando, compreso quello di ieri sera organizzato dal Forum dei giovani al quale circa 500 ragazzi hanno partecipato. Mi preoccupo di loro- conclude il sindaco terzignese – e non certo di chi al confronto aperto preferisce nascondersi nell’anonimato per seminare violenza, odio e rancore”.  

E’ una strana ricorrenza: aspettare l’estate con un fuoco acceso. Se non fosse altro che metafora di luce, piuttosto che di calore. Come segnale di fuoco, come segnale di vita. Da un’isola. Sperduta nel mare, in mezzo a tante isole. La lasciamo navigare, ci lasciamo navigare. Se non fosse altro che le isole siamo noi. E ascoltiamo con tutti i sensi la poesia che, già alla prima scintilla, divampa. E’ una fresca domenica sera qualunque, primo giorno d’estate, come da rituale. Cosa unisce tante persone a ritrovarsi in un unico posto? In un cerchio unito e denso, tanto vicine nei pensieri da poterli vedere tutti in fila, i loro pensieri: e brillare negli occhi, attraverso le mani, sulla voce che cammina. Tante isole in una sola isola. Dicono che sia “la passione per le parole”, ma ancor più forte è l’amore a condurle. Lo stesso che unisce le persone in matrimonio e stringe i patti d’amicizia e sveglia in un lampo al mattino con la forza di rendere un qualcosa al mondo.

 

Salvatore Violante ha teso i fili: e tutti, fidandosi, lo hanno seguito. Insieme a lui, Giuseppe Vetromile ha fermato i momenti: l’indiscusso sorriso dei presenti è apparsa la fotografia più bella da conservare nella mente, l’accoglienza più calda. La musica, fedele compagna, ha fatto vibrare ancor di più le parole che uscivano dalla bocca dei poeti e si fermavano sulla pelle, creando brividi: il sassofono di Francesco Cirillo e il piano di Stefano Bottiglieri. Puntuale, alle 21, come in tutti i luoghi in cui è avvenuta la stessa manifestazione poetica, l’inconfondibile voce di Mario Grazio Balzano ha recitato la poesia simbolo di quest’anno: Vent’anni, della poetessa rumena Carmen Bugan, emigrata negli Stati Uniti nel 1989. La straziante malinconia dell’addio in una condizione perpetuamente attuale. Il dramma di chi, partendo, non lascia soltanto vie conosciute e volti cari, ma una parte di sé, dietro di sé, che non tornerà più. Con la stessa violenza che il tempo impone a chi abbia da ristabilirsi dopo un lutto. Partire, senza altre vie d’uscita, è come uno strappo.

 

Prima donna della serata è stata, senza dubbio, Wanda Marasco, autrice de “Il genio dell’abbandono”, libro arrivato tra i quindici finalisti per il Premio Strega e che racconta la vita del più grande scultore italiano attivo tra Ottocento e Novecento, Vincenzo Gemito. La scrittrice ne ha letto alcune pagine, mostrando di sé mille sfumature: autrice di un capolavoro, narratrice della sua storia, regista dei suoi movimenti, attrice della sua ispirazione. Il pubblico è rimasto in silenzio, attento. Si è stati come a teatro, in un’atmosfera forte e penetrante, allo stesso modo. Non servono, talvolta, quinte, copioni, costumi, regia. Occorre talento. E il talento appare soprattutto nel modo in cui ci si avvicina e si arriva alle persone, nel modo in cui le si guarda. E Wanda Marasco ha potuto godere anche di questo invisibile, importantissimo titolo: il talento di saper guardare con dolcezza le persone intorno. Marilena Gragnaniello, accompagnata dai Cantapopolo, danzava intorno al rito del fuoco acceso, creando un momento suggestivo. Il professore, saggista e poeta, Raffaele Urraro, ha letto alcuni passi del suo lavoro su Leopardi: “Giacomo Leopardi. Le donne, gli amori”, una ricerca sull’universo femminile presente all’interno delle opere del poeta ottocentesco. Mentre la luce fuggiva e calava il buio, le voci dei poeti continuavano ad alternarsi, simili a moti dell’anima, rinascenti emozioni: Giovanni Balzano, Annibale Rainone, Anna Rachele Ranieri, Clara Chiariello, Prisco De Vivo, Carlo Di Legge, Lina Sanniti, Mario Apuzzo e gli stessi Salvatore Violante e Giuseppe Vetromile, organizzatori dell’evento.

 

A vederli dall’esterno, non li capiresti, i poeti: diresti che sono diversi, diresti che sono uguali. Diresti persino che non vi appartieni, diresti che un po’ ti spaventa avvicinarti a loro, ai loro pensieri così trasparenti, così nascosti. E allora cerchi a tutti i costi le parole, le metti insieme. Un pensiero ricorrente, un malumore, un sentimento nuovo. Le getti sul foglio e allora pensi: “poesia”. I poeti son poesia, e in essa c’è tutto il mondo, il tangibile e il non, non vi è altra definizione più vicina alla loro vita.

 

Il silenzio dell’attenzione viva negli occhi di tutti si è sciolto in commozione con una poesia del poeta Salvatore di Giacomo, recitata con ineguagliabile coinvolgimento emotivo da Mario Grazio, prima voce narrante del territorio vesuviano. In chiusura della serata, “la consapevolezza di riconoscere quale sia la fortuna” sono state le ultime parole di Salvatore Violante: la fortuna era essere lì tutti insieme e non chiedere di più.

Nel giorno del solstizio d’estate, in varie parti del mondo, ci si raduna intorno ad una piccola fiammella accesa e si incomincia a condividere con gli altri i propri versi. “Le isole si accendono” è un’iniziativa poetica di ascolto e lettura comune, ideata dal poeta e saggista Mimmo Grasso: il fuoco che brilla è il simbolo della poesia che aiuta l’uomo, di per sé isola, a vedere più chiaro le cose all’interno e all’esterno di sé. Anche le pietre del Vesuvio brilleranno domenica 21 giugno, in una serata presentata da Salvatore Violante e Giuseppe Vetromile, dalle ore 19 in poi presso il ristorante Leopoldo a Terzigno. Alle ore 21 avverrà l’esibizione di Marinella Gragnaniello e i Cantapopolo, seguita dalla lettura della poesia prestabilita per l’edizione di quest’anno, da parte di Mario Grazio Balzano: una struggente “Vent’anni” della poetessa rumena Carmen Bugan, che comunica il dramma della migrazione, negli occhi di chi la vive sulla propria pelle. Ci sarà, inoltre, la straordinaria presenza della scrittrice Wanda Marasco, vincitrice del Premio Internazionale Eugenio Montale e del Premio Bagutta. Con la musica del Duo Cirillo, al sassofono e al pianoforte, la serata proseguirà con la voce di un’illustre rosa di poeti che darà vita alla poesia: Nancy Amato, Carlo Avvisati, Giovanni Balzano, Alessandro Carandente, Paola Casulli, Deborah Daniele, Prisco De Vivo, Carlo Di Legge, Marianunzia Masullo, Rita Pacilio, Melania Panico, Erminia Passannanti, Annibale Rainone, Enzo Rega, Raffaele Urraro, Giuseppe Vetromile, Salvatore Violante. “Perché ciascun’isola sia possibile approdo.”

Il primo dibattito pubblico. Un paese in fermento, le decisioni elettorali alle porte. Le incertezze da sciogliere in tempo, prima di poter mettere in maniera consapevole la penna su di una scheda. La popolazione si incammina e si ferma in un punto, per ascoltare.  Nelle parole dei candidati che si sono susseguite abbiamo visto tante cose. Abbiamo visto il futuro nella generale voglia di valorizzazione del territorio, nell’aspettativa di un’attiva partecipazione della popolazione, nell’intraprendenza, nell’incremento economico, nella lealtà. Abbiamo visto speranza nei nostri giorni. Abbiamo visto la determinazione di ideali giovani, traboccanti di sani e giusti progetti e abbiamo capito che non si è mai troppo giovani per avere idee già grandi. Abbiamo visto pensieri discordanti tra chi è favorevole all’integrazione straniera nel nostro paese e chi, invece, non lo è. Abbiamo visto, poi, nostro malgrado, sull’altra faccia della medaglia, le promesse mancate che si ripropongono come spettri, il passato che diviene colpa di un qualcuno che non esiste. Con la stessa spudoratezza di un marito che tradisce la propria moglie e continuerà a farlo anche dopo il perdono. La svolta sta nell’avere la forza di dire «Oggi decido io. Decido io se farmi manipolare oppure no, da chi e quando. Decido io». Abbiamo visto i problemi di Terzigno scivolarci davanti agli occhi come oggetti rinnegati e lasciati marcire dentro di noi: le strade sconnesse, l’inquinamento dilagante, l’assenza che altrove è presenza, la morte che bussa in ogni casa ed ha nome “cancro”. Abbiamo visto il nostro passato, così come è scivolato, e ci siamo chiesti «perché?». Perché non lasciarlo finire, “questo passato di cui non siamo felici”, perché non compiere la rivoluzione della democrazia umana. Ci sono persone che non ci sono più per i troppi errori compiuti con troppa leggerezza negli anni trascorsi. Abbiamo visto i volti disillusi dei cittadini seduti ad ascoltare. C’è bisogno che qualcuno restituisca loro fiducia. Un primo cittadino sa scendere tra il popolo e sa sporcarsi le mani insieme alla sua gente per dire «io sono come voi, io con voi». Occorre coraggio per reggere migliaia di sguardi a cui spiegare il rendiconto delle proprie azioni. La dignità di esistere. La dignità di dire «sono sereno perché ho fatto la cosa giusta». La dignità di uscire di casa e incontrare sorrisi. La dignità di lasciare questo mondo e lasciare di se’ un bel ricordo. Abbiamo guardato negli occhi tutte le persone perché troppo spesso in passato le persone hanno chiuso gli occhi per non guardare. Abbiamo visto e sentito cose che non avremmo voluto vedere e sentire e ci siamo accorti che ascoltare soltanto non basta, e che tutti i sensi non bastano per percepire le intenzioni di chi ci è di fronte. Abbiamo visto il popolo ribellarsi: il dolore, quando non ne può più, grida. Abbiamo visto un candidato dire a voce alta «stai zitta!» ad una donna che, prima di essere donna è cittadina, e prima di essere cittadina è una persona. Ed è in quel momento che abbiamo capito che nulla è cambiato da secoli ad ora, nelle grandi come nelle piccole realtà, e che la democrazia è un concetto usato male da chi se ne appropria senza il dovuto rispetto e amore verso gli altri. E abbiamo capito che i veri politici siamo noi, che di politica non sappiamo nulla. Sono tutti coloro che guardano le cose e le interpretano giuste o sbagliate, per buon senso e non per convenienza. Sono tutti coloro che vogliono lavorare con le proprie forze e con le proprie capacità e non ottenere un impiego in cambio di un voto. Sono tutti coloro che si aiutano a vicenda fuori dalle mura istituzionali. Sono tutti coloro che restano in disparte dalle “cariche”, ma che si “caricano” e prendono a cuore i problemi degli altri, quasi come si trattasse di propri problemi. E abbiamo capito che andare a votare ci salva dalla distruzione lenta in cui siamo da tempo caduti, ci salva dal desiderio di scappare lontano da qui, ci salva dalla corruzione. Non occorrono titoli di studio, non occorrono amicizie potenti, non occorrono compensi e compressi, occorre –proprio come ha delicatamente pronunciato un candidato- cuore. Soprattutto cuore. Cuore nell’andare a votare e non solamente la sola mente. La ménte, talvolta, mènte.

Per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, il Comune di Palma Campania ha avviato da tempo una serie di iniziative, la più importante delle quali è stata la costituzione del comitato di sicurezza, attivato dalla Prefettura di Napoli, su proposta dell’amministrazione comunale, alla fine del 2013. Il Prefetto di Napoli accolse l’allarme del sindaco Vincenzo Carbone, che indicò le emergenze legate all’alto numero di migranti irregolari a Palma Campania: dallo sfruttamento della manodopera clandestina all’ordine pubblico. Spiega Carbone: “Il ripristino della legalità è essenziale, nessuno vuole contestare gli stranieri che risiedono regolarmente a Palma, ma intorno ai clandestini avvengono affari inaccettabili, che peraltro abbiamo sempre segnalato all’autorità giudiziaria. Ecco perché siamo dinanzi ad un’emergenza che va contrastata”. I dati evidenziano la presenza di circa 1500 stranieri regolari, di cui circa 900 provenienti dal Bangladesh, mentre in realtà le stime ufficiose presumono che gli extracomunitari non siano meno di 5000/6000, su un numero complessivo di circa 15000 abitanti. Aggiunge ancora il sindaco: “E’ evidente che si tratta di una situazione insostenibile, che stiamo contrastando attraverso la sinergia con le istituzioni e le forze dell’ordine. Tuttavia c’è da fare ancora tanto”. Al riguardo, nell’ultimo anno sono stati effettuati 39 controlli dai vigili urbani, 21 con la polizia e 18 con i carabinieri. I controlli hanno riguardato soprattutto gli opifici ma anche le abitazioni dove in pochi metri quadrati vivono in decine di migranti, ammassati alla meno peggio.Altrettanto serio è il problema dell’evasione dalla Tarsu: nel 2014 a fronte di un importo a ruolo di 300211 euro per complessivi 470 residenze abitate da cittadini extracomunitari sono stati incassati 128000 euro. L’evasione, dunque, arriva quasi al 60% (il dato complessivo a Palma si assesta intorno al 30%). Non solo: ben 80 avvisi di pagamento sono stati restituiti alla Casa comunale perché le utenze risultavano sconosciute.  

Pagina 9 di 12