Scritto da Genny Galantuomo    Venerdì 01 Agosto 2014 23:28    Stampa
Amedeo Minghi incanta con le sue melodie la piazza di Lettere
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Spettacolo - Varie

Come le bottiglie di vino buono che più invecchiano e più conservano il gusto di un sapore antico che resiste al tempo ed alle mode così le canzoni di Amedeo Minghi attraversano i decenni e restano con disarmante semplicità ancora di moda. E chi era convinto che l’amore platonico non rendesse ed attirasse più, ieri sera a Lettere si è dovuto ampiamente ricredere. Il cantautore romano- in splendida forma- ha portato in scena un vero e proprio recital costruito intorno all’avorio del suo pianoforte. Da quelle canzoni con le quale debuttò negli anni settanta come “l’Immenso” fino alla recente “Vivi e vedrai”, con questo continuo andare e vieni “nel nostro comune passato” -così lo definisce Minghi- il suo viaggio tra i trenta album fin qui pubblicati lascia nel pubblico un sentimento di dolce nostalgia dove, i ricordi, quelli “ del cuore” fanno la parte da leone. Ci si perde nei decenni in cui le hit parade vivevano di tormentoni come fu per l’estate dell’89 durante la quale Amedeo scalò la vetta con l’intramontabile “La Vita Mia” opportunamente tenuta in coda al concerto che si lega in un medley cantato tutto d’un fiato a cavallo tra il “cuore di pace” e la bellissima “1950”. Una miscela davvero inebriante come le sfumature della sua musica intimistica e sempre pronta a rinnovarsi al cospetto di una critica, molto spesso, spietata e poco attenta. Amedeo si diletta con il pubblico, scherza fa battute e riparte con la sua band quasi a dissacrare quella figura di “maestro”  della melodia che con un pizzico di pruriginosa malizia qualcuno gli ha affibbiato durante i decenni in cui il codino più famoso d’Italia, si affermò al grande pubblico con brani diventate pietre miliari della musica italiana come “Cantare è d’amore”, “Notte bella Magnifica” e “Vattene Amore”. E poi il doveroso tributo a Giovanni Paolo II al quale il cantautore romano dedicò alla vigilia del giubileo una canzone pregna di significati, emblematica già nel titolo “un uomo venuto da molto lontano”. Inevitabili dei brevi flash sui cavalli di battaglia firmati con il poeta Gaio Chiocchio come “Emanuela ed io”, “Saint Michel”, alle sempre verdi “Di più” e  “Sicuramente tu”. Insomma uno spettacolo davvero gradevole ed elegante quello visto sul palco di questo borgo dei Monti Lattari in cui la musica e l’amore si sposano in un intreccio di parole e note che in 45 anni di carriera Amedeo Minghi ha sapientemente e costantemente miscelato, mantenendo sempre vivi i sentimenti che ci accomunano  nel nostro quotidiano vivere…perché come dice lui "tremare fa la vita che se ne va” Come dargli torto?

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