|
Inizia il breve periodo dell’anno in cui, più di sempre, il mare notturno si fa bello di esperienza e solitudine, mite lo guardano la luna nuova e i due pianeti a occidente, Giove e Venere in congiunzione nel vespro del 15 marzo. Sciocchezze, valzer di cieli riusciti male, spettacoli per pochi. Chi se ne cura? Sul ventre della terra che va ad intiepidirsi, le tenui onde mugolano nel loro andirivieni.
Nessuno le ascolta: la spiaggia è ostaggio estivo, luogo comune e ricovero di pelli che bramano sole.La banalizzazione degli eventi è rimanere fermi, seguendo con il dito i giorni degli altri e con l’orecchio le magnifiche storie inventate dei nostri conoscenti, invidiandole per vere.Tristi anche loro, hanno acquistato un po’ di felicità vendendone la copia. Gli incontri affollati, poveri di emozioni, rimangono gli stessi.Raro è sapere quanto è bello un tramonto esclusivo, così come lo sono e lo saranno per sempre i Giardini Di Marzo.Cosa è accaduto da un giorno all’altro affinché gli albicocchi tornassero in fiore e i pettirossi riprendessero a cantare a prima mattina. Sembrava non volesse mai terminare, l’inverno, come un dolore quando è in piena. E’ l’infanzia della natura e ci ricorda la nostra, quando Il carretto passava e quell’uomo gridava “gelati!”.Perché non svaniscono i fiori dai vestiti e nessuno li sfiora, né può affaticarli il tempo: le cose finte hanno ragione a durar per sempre, se tutti gli affetti profondi li stronca la fine della creazione, il breve e insieme infinito inverno dei nostri anni lunghi. Allora s’incomincia a pensare ad una madre e a rivedere i suoi vestiti … il più bello era nero coi fiori non ancora appassiti. E’invisibile l’amore che perdura nel ricordo, non lo si può ricamare né intingere su di una tela, solamente indossarlo come un fato che si prolunga -attento- senza riconoscere se i tragitti sono nostri o di qualcun altro.Partono i treni della gioventù perduta e quelli su cui salgono i giovani innamorati di futuro, in cerca di un destino che tarderà, tuttavia, ad arrivare. E’ una vita che troppe volte cambia e si dipana, quando il tempo di invecchiare è lontano secoli interi: ma passa in un minuto la vita e ci si ritrova saggi, rivedendo se stessi tra quei ragazzi che all’uscita di scuola vendevano i libri.Tra i venti caldi che si susseguono su di un’ autostrada in fiore, non c’è gara tra le automobili che, come tante incomprensioni, vagano ognuna per il loro corso.Dove va tutta quella gente? Lontano, dove va sempre, in viaggio, a casa, senza meta. Con dolore, distrazione, impegno. Qualcuna, sconfitta, torna a giocar con la mente e i suoi tarli. Quante persone ferma la strada, senza perdono. Sono incomprensioni mai risolte.Navigano fiumi azzurri e colline e praterie sui mille finestrini su cui ci siamo esposti con la curiosità che ci ha reso grandi con gli anni, navigano come vele senza marinai, distese dove corrono dolcissime le malinconie.Camminavi al mio fianco, ad un tratto, dicesti:”tu muori!”. A chi non è accaduto, morire nella memoria di qualcuno, spegnersi, vanificarsi, separarsi. Soltanto il tempo ha saputo dare ragione, donando speranza e mani che non tremano più, salvezza. Continuiamo a camminare in questa vita che c’invecchia bene e ci stordisce e in queste terre che sanno darci piogge, nuvole e vento, ma anche tante giornate di sole e tante felici primavere. Come si farebbe a non amare i giardini di marzo, non solo ora, ma in qualunque altro mese dell’anno. |
