Se ne parlerà per qualche settimana. Sono così poche le cose di cui parlare tra i componenti la comunità di Via Guglielmo Marconi a Terzigno. La vita sempre uguale non porta quasi mai niente di nuovo: scorre con le vicende della vita di ogni giorno, con la musica d’ogni giorno, con i rumori legati agli strumenti di fatica che gridano del sudore di chi è impegnato fra i vigneti, la lava, la pietra pomice e la ginestra. Certo, di tanto in tanto un matrimonio rallegra l’atmosfera con un po’ di botti e stelle filanti ma, il più della volte, fra le nonnine, la chiacchiera parla di dolori reumatici, dell’affronto di Caio, dell’infedeltà di Sempronia, della malattia di Tizia o della morte del povero nipote giovane di Don Sproloquio. Per questo, la rappresentazione del presepe vivente realizzata da queste parti è stato un avvenimento di straordinario rilievo, un momento di grande aggregazione popolare, di viva cultura partecipativa, di linguaggio d’arte di presa immediata, di facile lettura. L’avvenimento, è partito con un po’ di ritardo.
La fede di persone semplici, l’attrattiva che ha la natività nell’immaginazione popolare, la volontà di offrire un messaggio eticamente rivoluzionario, specialmente ora con la coscienza morale umana che sembra su di un barchino alla deriva, sono state fondamentali per mettere in moto le energie utili alla realizzazione del progetto. L’imput è nato dal popolo ma bisogna dire che alcuni politici locali non sono stati indifferenti. L’evento è stato così inserito all’interno degli avvenimenti culturali per le festività di fine anno. Il sindaco Mimì Auricchio in prima fila, presente sul posto, a controllare, disporre e consigliare ma anche i consiglieri comunali Antonio Vaiano e Armando Casillo che hanno fatto da tramite fra l’istituzione comunale e gli operatori volontari oltre al vice-sindaco avv. Ranieri sempre vicino alle istanze culturali. Tuttavia il merito maggiore va distribuito equamente con un manipolo di cittadini locali. La loro opera è stata esemplare ed infaticabile. Ho visto il mio vicino Michele utilizzare le sue giornate di riposo o le serata dopo il lavoro per mettere su la scenografia del borgo. Con lui Antonio superbo nel suo abito da carpentiere con i due Peppe più che validi collaboratori. Ma anche altri che è ingeneroso non poterli nominare tutti. In pochi giorni si è realizzata, in legno, un borgo abbastanza verisimile all’antica giudaica Betlemme. È stato fatto veramente un miracolo: un lavoro improbo distribuito fra giovani artigiani ed anziani contadini e massaie. Il lavoro più importante è stato quello di riuscire a coinvolgere intorno al progetto quasi tutte le capacità artigianali del borgo. Lo zio Pasquale ha tirato fuori tutti i vecchi attrezzi per realizzare una sorta di “antiquarium” che potesse testimoniare i vecchi mestieri. La sera del 6 gennaio tutto era pronto. La strada era una festa di palme. Le casette in legno e pezza ricalcavano le botteghe del tempo, qualche vecchia casa vesuviana veniva aperta per l’occasione e nella reggia di re Erode le danzatrici si esibivano con il re stravaccato nel trono. Nel cortile di Antonio era stata realizzata la stalla con il bimbino Gesù, S. Giuseppe, la Madonna ma anche il bue e l’asinello. Buona parte dei giovani e giovinette nel costume realizzato con l’aiuto della sarta Antonietta, sono stati protagonisti per due serate. Un bell’esempio di teatro certamente edificante. Davvero uno spettacolo bello e salutare anche per la ressa di visitatori che ha affollato il borgo durante le due belle serate. Infatti la rappresentazione si è ripetuta nella sera del 7 con le note di musiche natalizie e le luci diffuse da lumini che rendevano la notte magica e santa. Un bel successo. Due serate di bell’impegno giovani le che ha mostrato come sia possibile volgere energie creative per promuovere il massimo simbolo d’amore e generosità che è il Cristo. Una lezione per tutti: laici e credenti. Salvatore Violante |