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La Catturandi – Nel nome del padre è stata presentata come una delle fiction più innovative della stagione di Rai Uno. Nell’annunciarla al pubblico i vertici della tv generalista ci avevano assicurato che ci saremmo trovati dinnanzi ad un prodotto nuovo, mai visto prima, dinamico, lontano dai soliti cliché a cui siamo abituati quando si affronta la dicotomia Stato – Mafia che oppone, iconoclasticamente, i buoni Vs i cattivi; ebbene al momento, La Catturandi, offre scarne novità, copiosi “già visti” ed una psicologia dei personaggi poco stimolante per non dire povera. Ma siamo solo agli inizi direte voi, eppure il buongiorno si vede dal mattino. La fiction racconta il crimine dal punto di vista dei Buoni, ossia dei membri della squadra di Palermo nata nel lontano 1995, artisti della sorveglianza elettronica ed abili a rendersi invisibili, deputati all’arresto dei grandi latitanti ancora a piede libero. Uomini e donne costretti a turni massacranti e a stare ad ore ed ore incollati ad uno monitor per cercare di carpire anche il più piccolo movimento o parola proveniente dai boss e dai loro scagnozzi. Purtroppo però trasferire la realtà nella finzione non sempre è cosa facile, tra scene al rallenty, poliziotti in crisi esistenziale, ausilio di carte topografiche e passati irrisolti La Catturandi strizza l’occhio ad altri prodotti confratelli che vanno da La Narcotici fino a Sotto Copertura passando per il più recente Il Sistema. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, qualche similitudine è inevitabile, se non fosse che i tre prodotti sopra citati, peraltro già andati in onda, siamo stati tutti partoriti da Rai Uno. La misteriosa morte del padre della poliziotta Palma Toscano (Anita Caprioli) tormenta la giovane fino a comprometterne la carriera. Durante un’importante operazione la donna viene assalita, infatti, da alcuni flashback riguardanti la sua infanzia che la paralizzano a tal punto da rischiare di morire. Da qui le viene revocato l’incarico di capo della squadra affidato a Valerio Vento alias Massimo Ghini, un poliziotto alla deriva dopo i fatti del G8 di Genova mandato a svernare in Sicilia. Il tema del doppio potrebbe essere una strada percorribile – anche se già trattato – battendo sul sentiero sicuro del “niente è mai come sembra” attraverso un viaggio nella vita e nelle sue contraddizioni dove il tradimento sentimentale ed amicale ci mostra come non ci si possa fidare di nessuno. Tra amori, omicidi, latitanti da consegnare alla giustizia e giovani leve criminali La Catturandi rischia di arenarsi per sei puntate in una palude narrativa a meno che non sappia tirare fuori qualcosa in più e stupire. Ottimo il cast. Colpisce sempre la maestria attoriale di Leo Gullotta.

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E’ sull’Alto Ionio calabrese che si sposta il nostro itinerario alla scoperta dell’altro versante di questa terra ineguagliabile per la sua ospitalità e impareggiabile per la sua bellezza. Primo approdo: Roseto Capo Spulico. Nota fin dai tempi dei greci e dei romani per la coltivazione delle rose che servivano a riempire i guanciali delle principesse sibarite. A lungo satellite della vicina Sibari, Roseto si è man mano emancipata e, nel corso dei secoli, ha attraversato svariate dominazioni tra cui quella normanna che le ha lasciato in dono il maestoso castello, simbolo della città. Castello a picco sul mare Il Castrum Petrae Roseti venne edificato nel 1260 per volere di Federico II di Svevia. Sorge sul promontorio di Cardone, a picco sul mare. All’interno è immenso con ampi saloni, cisterne e scuderie. Le tre torri, di cui una merlata, fanno il resto. Oggi è un rinomato ristorante, ideale per eventi o serate tra amici. Ti sentirai un antico nobile medievale. Scoglio ad incudine e Lungomare degli Achei La spiaggia sotto il Castello ti accoglie e ti regala qualche ora di totale relax. Puoi anche fare a meno dell’ombrellone. Le pietre rocciose, disseminate lungo la spiaggia, non solo creano ombra, ma fanno da lettino naturale dove stare comodamente sdraiati a prendere la tintarella. Di fronte, il mare colore smeraldo dal quale fuoriesce, imperioso, lo Scoglio a Incudine. Un robusto scoglio calcareo a forma di fungo particolare e attrattivo per la sua maestosità. Il Lungomare degli Achei, in località Marina di Roseto Capo Spulico, è il cuore turistico della zona. Si estende per 1.5 chilometri disseminati di villette a schiera, hotel di lusso, ristoranti e un belvedere dal quale osservare la luna che si riflette nel mare. Trebisacce Bandiera Blu 2016 Crocevia di popoli, lingue, usi, costumi, un tempo territorio paludoso, oggi fiore all’occhiello dello Ionio cosentino per il suo mare incontaminato, i suoi fondali ricchi di vegetazione e fauna e la sua sabbia granulosa: Trebisacce è il nostro secondo approdo. Anche quest’anno si riconferma Bandiera Blu, un vero e proprio vanto per la cittadina che, ogni anno, ospita un numero consistente di visitatori, facendo del turismo e della pesca la molla della propria economia. Lungomare con locali alla moda e concerti all’aperto Tradizionale appuntamento estivo è la Notte Bianca. Un’ iniziativa che ha come obiettivo quello di incentivare le attività locali e far scoprire giovani band che si alternano, sul palco, a gruppi e cantanti di fama. Il lungomare brulica di locali e trattorie dove assaggiare i piatti tipici come le sardelle o le specialità marinare a base di pesce azzurro freschissimo, il tutto degustando il Biondo Tardivo, un particolare tipo di arance. Festa di San Rocco, tra sacro e profano Il 16 agosto immancabile appuntamento con la suggestiva processione in onore di San Rocco, santo patrono della città. La particolarità di questa celebrazione è che avviene in mare dove la statua del Santo, issata a bordo di una barca, viene fatta sfilare lungo il perimetro della spiaggia, seguita da uno stuolo di barche guidate da pescatori esperti. La sera immancabile concerto all’aperto e spettacolo pirotecnico, da vedere, rigorosamente sul molo.
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Continuiamo il nostro viaggio tra le mete più belle del Sud Italia sperando di consigliarvi il meglio gentili lettori, di quanto le coste calabresi possano offrire. Ci troviamo sull’alto tirreno cosentino, per la precisione a San Nicola Arcella, terra baciata dal sole e dagli Dei. E’ lungo la Riviera dei Cedri che si sposta in nostro viaggio al fine di conoscere meglio questo angolo di paradiso, tra scogliere, bracci rocciosi, porti naturali, sabbia trasparente come vetro soffiato e la mitica Torre Crawford, scenario di storie tenebrose. La nascita di San Nicola è legata a doppio filo a quella del popolo di Lavinium (antica città romana) che, per difendersi dalle incursioni saracene, si trasferì sulle alture vicine. Insediandosi su questo imponente strapiombo a 110 m s.l.m. crebbe e prosperò. In passato fu terra di rifugio per naviganti e monaci basiliani oltre ad essere residenza dei Principi Spinelli di Calabria. Torre Crawford e l’Arcomagno Se leviamo lo sguardo fin su in cima veniamo colpiti da due capolavori: uno umano e l’altro naturale situati entrambi lungo il tratto di costa denominato Marinella. Il primo è la Torre Crawford, splendido esemplare architettonico risalente al XVI secolo, e denominata così in onore del celebre scrittore statunitense Francis Marion Crawford che scelse proprio questo avamposto saraceno per vivere e qui vi ambientò il suo romanzo più rappresentativo, For the blood is the life, pubblicato in Italia con il titolo “Cristina.” Il racconto, a sfondo vampiresco, presenta connotazioni, personaggi e luoghi sannicolesi. Il secondo è l’Arcomagno, una grotta di rara bellezza raggiungibile solo via mare o a piedi, mediante sentieri ricavati nella roccia. Qui vi sgorga acqua dolce e, immergersi tra queste onde, è come fare un tuffo nelle viscere della terra. La grotta di Enea rievoca scenari mitologici. L’acqua cristallina, i fondali ricchi di flora e fauna, insieme ad una spiaggetta ombrosa ed intima la rendono ancora più suggestiva. Dalla spiaggia, tramite un percorso roccioso, si giunge alla grotta del Prete sulle cui onde si riflette l’isola di Dino che si scorge in lontananza. Non dimenticare di fare un salto a visitare Torre Dino, costruzione del XVIII secolo e più volte rimaneggiata nel corso degli anni. In prossimità della località Dino, vi è il Palazzo dei Principi Lanza di Trabia, un piccolo gioiello di fattura barocca. Non solo mare ma anche monti e colline La bellezza della Calabria e della maggior parte delle sue cittadine è che ad una manciata di chilometri si può godere di differenti spazi naturalistici. Se si è stanchi del mare si più andare in montagna o in collina. A ridosso della zona costiera, infatti, vi sono degli splendidi paesaggi montani, ideali per una scarpinata o per un pic-nic all’aria aperta. Grotte e baie si alternano a colline rigogliose, dove la macchia mediterranea gioca un ruolo da protagonista. Piatti tipici e non solo La passeggiata nel borgo di San Nicola è un vero e proprio must, e il Belvedere è una tappa imprescindibile. L’isola pedonale, che va da Corso Biagio Lo Monaco a Piazza Alessandro Siciliano, è un piccolo concentrato di negozi tipici, bar, localini alla moda e ristoranti di cucina tradizionale calabrese. Potrai assaggiare torte, liquori e digestivi al sapore di cedro. Immancabile è il peperoncino in tutte le sue declinazioni, i salumi locali, le conserve, l’olio, il vino ed infine i dolci, uno su tutti i “panicelli” decantati anche da vate D’Annunzio nella sua poesia “Leda senza cigno.” E la sera? Concerti, eventi, degustazioni, sagre. Insomma tutto quello che serve per un soggiorno da dieci e lode.
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Vacanze 2016: Capo Vaticano, il luogo degli Dei

Domenica, 24 Luglio 2016 16:16 Scritto da

 «Penso che Capo Vaticano si chiami Vaticano per la stessa ragione per cui un colle di Roma si chiama alla stessa maniera: sacerdoti e indovini vi andavano a scrutare il futuro, basandosi sul volo degli uccelli e altre cose. Duecento metri al largo della punta c'è uno scoglio chiamato Mantineo, e in greco "manteuo" significa comunicare con la volontà divina. Il Capo era un posto sacro, e lo è ancora, nonostante tutto». Il celebre scrittore veneto Giuseppe Berto descriveva così Capo Vaticano, il posto dove aveva scelto di vivere e che indicava come “casa.” Le sue parole coniugano al meglio gli aspetti caratteristici del territorio: mito, storia – numerosi sono gli insediamenti greci e romani, leggenda e paesaggio. Le Grotticelle: tre spiagge, un solo amore Le Grotticelle sono tre spiagge contigue famose in tutto il mondo per la meravigliosa sabbia bianca, il mare cristallino ed i fondali tropicali. Sono state inserite, da una rivista francese, tra le tre spiagge più belle d’Italia e figurano anche nella top 100 delle più belle del mondo. Un luogo ancora incontaminato dove la natura rigogliosa si mescola alla fauna copiosa. I fondali rocciosi – situati nei pressi degli Scogli del Vadano, della Galea e di Mantineo – fanno il paio con quelli sabbiosi. E’ possibile trovare conchiglie tipiche dei mari dei Tropici, ma anche coralli ed abbondanti clipeastri; si tratta infatti di antichi echinidi dalla forma piramidale. Bellezza e leggenda: il Faro Costruito nel 1870 ma, di fatto, attivo da soli quindici anni, il Faro di Capo Vaticano è uno dei luoghi simbolo della città. Si erge sulla punta più alta del promontorio in granito bianco – grigio, quasi a voler dominare l’intera baia e, il percorso che porta fino in cima, è costellato di stradine strette scavate nella roccia che regalano una vista impareggiabile. Da questa altura si possono ammirare, addirittura, le isole Eolie, una su tutte Stromboli, e lo sguardo oltrepassa l’orizzonte spingendosi fino allo stretto di Messina. La leggenda vuole che su uno di questi scogli, e più precisamente se quello Mantineo, la profetessa Manto emettesse il suo vaticinio, predicendo il futuro ai naviganti o scongiurando l’ira dei mostri Scilla e Cariddi (le correnti marine dello stretto). Peculiarità I sedimenti risalenti al Quaternario fanno di Capo Vaticano una tappa obbligata per i paleontologi di tutto il globo. La conformazione del territorio, con valli e profonde incisioni fluviali, consente la formazione di terrazzamenti a gradoni che conducono dritti dritti a strati fossiliferi del Miocene. La Felce Gigante e la Palma Nana impreziosiscono la vegetazione locale. Street food, mangi molto e spendi poco I numerosi localini disseminati nei pressi del lungomare offrono la possibilità, a residenti e turisti, di gustare dell’ottimo cibo, altissima qualità unita alla spensieratezza di mangiare passeggiando in notturna. Un cartoccio di pesce fritto, un panino con cipolla rossa e ‘Nuduja di Spilinga arricchito da un po’ di pecorino del Poro racchiudono in sé tutto il sapore unico della Calabria.

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Tappa obbligata nel nostro itinerario alla scoperta delle più belle mete vacanziere della Calabria non poteva che essere la maestosa Isola di Dino. Magia, mito, antichità, lotte ed incursioni di pirati si intrecciano e si esplicano in quella che è una delle due isole più grandi della Calabria, situata sulla costa nord-occidentale dell’alto tirreno cosentino, di fronte Praia a Mare. Leggenda, modernità e storia A bordo di una motobarca si giunge in questo luogo dove il tempo pare essersi fermato, tra natura selvaggia, mare cristallino e fondali ricchi di Gorgonie. Ci accorgiamo che siamo nella modernità per via di un gruppo nutrito di villette, bungalow e sei tucul con annessi bar e ristoranti – ideali per consumare un pasto veloce godendo di un panorama da cartolina - costruiti negli anni ’60 quando l’avvocato Gianni Agnelli acquistò l’isola per una cifra di 50 milioni di lire, nel tentativo di rilanciarla. Il profumo del mirto inebria e stuzzica i sensi in un territorio che si estende per 50 ettari e che deve, con ogni probabilità, il suo toponimo alla presenza di un antico tempio (aedine) dedicato alla dea Venere. Altre fonti accreditano il nome Dino all’etimo greco dune che significa tempesta. La sua posizione strategica l’ha resa, nel corso dei secoli, terra di conquista ad opera dei turchi, dei normanni ed infine dei Borbone. Una stradina interna circumnaviga l’isola e porta fin su in cima dove è possibile ammirare la Torre normanna. Grotte suggestive Le grotte più affascinanti sono indubbiamente quella del Leone, chiamata così perché la roccia, in seguito all’erosione marina, ha assunto la forma di un leone accovacciato; e la Grotta Azzurra che ricorda quella di Capri, ma diversa sia per dimensioni che per colori. Un intenso verde azzurro lascia il posto man mano che ci si sposta ad un verde rame in contrasto con l’azzurro pastoso e intenso dei bordi interni. Menzione speciale va alla Grotta Gargiulo completamente sommersa, fatta eccezione per due bolle d’aria, e accessibile solo ai sub. Numerose sono le falesie calcaree e le alte scogliere che si buttano a capofitto nel mare, oltre a numerose specie di uccelli ed esemplari di piante rare. A passeggio per Praia a Mare Di ritorno dall’isola di Dino concediti un gelato passeggiando per il lungomare di Praia, con i suoi negozietti tipici dove potrai acquistare liquori e marmellate al gusto di mirto, o semplicemente startene al sole ad ammirare il mare cristallino, le insenature rocciose, gli scogli e i faraglioni, inebriato tutto intorno dalla fragranza di cedro che, mischiandosi alla brezza marina, ti regala un’emozione irripetibile. Non lasciarti scappare l’opportunità di visitare il Fortino – forte difensivo del Fumarulo di Praia – e la Rocca, complesso fortificato di epoca normanna. Tramite una lunga scalinata si accede al Santuario della Madonna della Grotta completamente scavato nella roccia. Un luogo di notevole impatto visivo e dal valore profondamente mistico. La piccola Fiuzzi Di fronte l’isola di Dino c’è la frazione di Fiuzzi dove è possibile ammirare la Torre. Costruita su un faraglione della scogliera di Fiuzzi alto 15 metri, su cui era già presente una torre angioina, è una delle torri più grandi della zona. Era posta a presidio della costa dalle incursioni Saracene. Immancabile il bagno tra vegetazione spontanea, rocce calcaree e sabbia bianca.