Vota questo articolo
(0 Voti)
Nel cuore della brughiera inglese leggere era l’unico svago per la famiglia Brontë. Jane Austen interrompeva la lettura solo per fare lunghe passeggiate. Per Leopardi dedicarsi alla “sacra arte” era l’unico svago. La lettura ha accompagnato da sempre ognuno di noi e se alle volte le nostre madri ci rimproveravano urlandoci di tirare via il naso dai libri ora possiamo dirle che ci avevamo visto più lungo di loro. Sì, perché leggere allunga la vita. Secondo una ricerca scientifica promossa dalla Scuola di Pubblica Salute dell’Università di Yale, e pubblicata sulla rivista Science Direct, coloro i quali hanno l’abitudine alla lettura possiedono “significati vantaggi di sopravvivenza” a discapito di chi esercita sporadicamente questa attività. La longevità consisterebbe in circa due anni in più rispetto agli altri a patto che si legga almeno per 3 ore e mezza alla settimana. In dodici anni, sottoponendo ad analisi svariati campioni di persone, si è potuto registrare che gli aficionados alla lettura hanno ridotto il rischio di mortalità del 23%. La Scuola di Pubblica Saluta ha individuato nel book-lover il profilo di una donna, d’istruzione universitaria e benestante. Per migliorare la qualità della propria vita basta davvero poco soprattutto perché la sedentarietà, legata alla lettura, non inficia la nostra salute. "Chi ha dichiarato di leggere almeno 30 minuti a giornata ha un significativo vantaggio in termini di mortalità rispetto a chi non legge mai" ha dichiarato la leader del team di ricercatori, Becca R. Levy, professoressa di epidemiologia dell'Università di Yale. D’ora in poi non dovremmo più convivere con quel fastidioso senso di colpa che ci attanaglia nel fine settimana dedicato alla pigrizia più sfrenata. Adesso abbiamo anche la scienza dalla nostra. Perciò bando ai telefonini, ai tablet ed ai pc. Spegnete il televisore e correte in libreria o in edicola. Una nuova storia scalpita per essere letta.
Vota questo articolo
(0 Voti)

Il filo del destino che lega il Pollino a Paul Getty

Venerdì, 17 Novembre 2017 16:14 Scritto da
C’è sempre stato un sottile e tragico filo a legare le terre del Pollino con la storia sventurata di John Paul Getty III. Era il lontano 10 luglio 1973, quando il nipote del tycoon del petrolio - John Paul Getty I, all’epoca dei fatti l’uomo più ricco del mondo grazie alla sua creatura: la Getty Oil Company, la cui figura di ricco magnate ispirò Walt Disney per creare il personaggio di Paperon de’ Paperoni - venne rapito in piazza Farnese a Roma mentre vendeva per strada quadretti e braccialetti hand made (fatti a mano). A rapirlo la ‘ndrangheta calabrese affiliata alle ‘ndrine dei Mammoliti, Piromalli e Femia che chiedevano un riscatto di 17 milioni di dollari. Tanto, troppo. Una cifra esosa da sborsare per riavere indietro la vita di quel sedicenne hippy, viziato e turbolento, che trascorse cinque mesi in una grotta in qualche sperduta rocca del Pollino. Una somma sconsiderata che nessuno era disposto a pagare, né il padre, eroinomane, tantomeno il nonno, gelido e spietato uomo d’affari. Solo la madre, Gail Harris, non si arrese e cercò in tutti i modi di convincere il suocero a pagare il riscatto. L’uomo cedette solo quando gli venne mostrato l’orecchio mozzato di Paul, insieme ad una sua ciocca di capelli rossicci e ad un messaggio che i rapitori avevano precedentemente fatto recapitare al quotidiano romano “Il Messaggero”. «Mandiamo al giornale questo orecchio perché la famiglia da tre mesi ci prende in giro dicendo che non ha soldi per pagare». Queste le secche parole che non lasciavano spazio a dubbi: gli avrebbero restituito il ragazzo pezzo per pezzo. Un miliardo e 700 milioni di lire fu la cifra che suo nonno pagò e che, in seguito, pretese gli venisse restituita con gli interessi del 4%. Paul venne liberato il 17 dicembre 1973 sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria e ritrovato dal camionista, Antonio Tedesco residente a Viggianello, all’altezza di Lauria, in Basilicata. Da quel momento la vita di Paul non fu più la stessa. Contro il volere della famiglia si sposò a 18 anni con una modella e regista tedesca più grande di lui. La donna, all’altare, si presentò vestita di nera, episodio che fece infuriare il petroliere che diseredò il nipote. Paul ebbe un solo figlio, Balthazar, oggi attore di numerose pellicole e serie tv, tra cui Twin Peaks di David Linch. Paul si spense all’età di 54 anni nella sua tenuta di Wormsley Park, a Wormsley, nella contea di Buckinghamshire in Inghilterra; in seguito ad un ictus avuto all’età di 24 anni, conseguenza di un mix letale di alcool e droghe. A prendersi cura di lui solo la madre che abbandonò la sua boutique in piazza di Spagna e si dedicò al figlio divenuto, ormai, semicieco e paralitico. Il padre non volle saperne nulla, liquidando la faccenda con un’agghiacciante: «Se l’è cercata». Oggi, a distanza di anni, la storia dello sfortunato Paul Getty rivive grazie a due produzioni importanti: la serie tv “Trust” diretta dal premio oscar Danny Boyle e il film “All the money in the world” del premio oscar, Ridley Scott. Trust annovera nel cast attori del calibro di Donald Sutherland (John Paul Getty I), Hilary Swank (Gail Getty) ed Harrison Dickinson (Paul), la cui messa in onda è prevista per gennaio 2018 su Fox. La serie è stata girata tra Londra, Roma, i Parchi Nazionali del Pollino e della Sila, Camigliatello Silano, Civita, Orsomarso e la Basilicata. Sarà proprio il piccolo borgo arbëreshë, già bandiera arancione e “Borgo più bello d’Italia”, a regalare i suoi scenari mozzafiato e ad impreziosire la seconda puntata della serie che conta un totale di 10 episodi. Lo stesso entusiasmo provato dalla comunità civitese è il medesimo mostrato dalla cittadina di Orsomarso, fiera di ospitare un set tanto prestigioso. «Siamo felici che Orsomarso sia stata scelta per girare questa importante serie, grazie alle sue caratteristiche ambientali e naturalistiche. Come amministrazione - dichiara in una nota il sindaco De Caprio - abbiamo sposato il progetto perché crediamo che, per il turismo e lo sviluppo del territorio, il cinema sappia apportare più vantaggi di qualsiasi altra azione di marketing diretto. Noi vogliamo che questa esperienza filmica diventi per gli amanti della serie televisiva un motivo di viaggio e di destinazione, ovviamente verso Orsomarso e la Calabria, in generale». All the money in the world si lega, invece, indissolubilmente a Castrovillari per la presenza tra gli attori di un nostro talentuoso concittadino, Giuseppe Bonifati attivo da numerosi anni a livello internazionale e sopraffino regista teatrale. Si divide, infatti, tra l’Italia e la Danimarca con la quale collabora dal 2008. Nella pellicola in uscita il 22 dicembre, Bonifati interpreterà il ruolo di Giovanni Iacovoni, avvocato di Gail Harris (Michelle Williams), durante il processo tenutosi a Lagonegro e che vide alla sbarra il gotha delle cosche dei Piromalli e dei Mammoliti. Il processo terminò con due condanne e sette assoluzioni, anche se cinque degli assolti furono condannati per altri reati. I due imputati, riconosciuti responsabili del sequestro, erano “manovali”, mentre gli unici due personaggi di rilievo accusati, Girolamo Piromalli, detto “Momo”, venne assolto per insufficienza di prove; Saverio Mammoliti detto “Saro”, invece, fu condannato per traffico di stupefacenti e associazione a delinquere. In Corte d’Appello, a Potenza, le pene furono ridotte per tutti. Tranne poche banconote ritrovate, il grosso del riscatto sparì nel nulla. Nel cast, oltre a Bonifati, anche Mark Wahlberg, Timothy Hutton, e Christopher Plummer (nel ruolo di J. Paul Getty I) che ha recentemente preso il posto di Kevin Spacey, le cui scene sono state rigirate in seguito alle accuse di molestie sessuali. Seguiremo con attenzione queste due produzioni. Vedere sul grande schermo i nostri paesaggi più rappresentativi e le nostre leve più capaci ci riempie di orgoglio e ci fa sperare di aver reso un degno servizio ad un giovane uomo i cui soldi non sono riusciti a donargli quell’affetto di cui forse aveva più bisogno.
Vota questo articolo
(0 Voti)

Il bestseller L’allieva diventa una fiction

Lunedì, 30 Maggio 2016 16:31 Scritto da
L’Allieva è il romanzo d’esordio della giovane scrittrice messinese Alessia Gazzola - edito da Longanesi nel 2011 - che ha riscosso talmente tanto successo, sia di pubblico che di critica, da spingere fin da subito la casa di produzione Endemol ad acquistarne i diritti per farne una fiction che andrà in onda ad autunno 2016 su Rai Uno. E siamo certi che sarà un sicuro successo. Sì, perché le vicende della dolce e pasticciona Alice Allevi incarnano, sotto tanti punti di vista, le nostre. La specializzanda in Medicina Legale più amata della letteratura italiana è una vera e propria calamita per guai, riesce sempre a ficcarsi in situazioni strampalate ma ne viene a capo collezionando, nei suoi personalissimi renaissances, un numero spropositato di figuracce che diventano all’occorrenza situazioni talmente tanto comiche che non possono far altro che strapparti una risalta. Alice vive quotidianamente la vita dell’Istituto di Medicina legale a Roma - ″il santuario delle umiliazioni″ come lo definisce lei stessa, animato da personaggi caratterizzati da uno spiccato sadismo e da uno sciabordante carrierismo - e si barcamena tra cadaveri, gialli da risolvere, cold case il tutto farcito da battute al vetriolo che alimentano un rapporto di ambigua attrazione tra lei e il Dott. Claudio Conforti, ricercatore dal sorriso destabilizzante e dai modi di fare fin troppo spicci. Come se non bastasse, a mandare in confusione la bella dottoressina ci si mette anche l’affascinate giramondo Arthur. Lo stile narrativo della Gazzola è allegro, divertente, fresco. Le parti gialle - narrate con estremo tatto senza troppa morbosità nell’analizzare i dettagli più cruenti di un delitto - si alternano sapientemente alle situazioni rosa, da chick lit. Alice ricorda, per certi versi, la simpatica spendacciona Rebecca Bloomwood, simbolo dei romanzi di Sophia Kinsella, coadiuvata dalla tenacia dei personaggi austeniani e dalla brillantezza di Bridget Jones. Ma quello che bisogna riconoscere alla Gazzola è di aver creato un genere tutto nuovo in Italia, aver saputo incanalare questa Kay Scarpetta nostrana nel contesto romano ed essere stata capace di raccontare il thriller da una nuova angolazione: quella del tavolo settorio. Tutto parte da lì e si alimenta con la curiosità di Alice che, pur di scoprire la verità, è disposta davvero a tutto. La fiction partirà proprio dal primo romanzo L’Allieva e si snoderà lungo tutti gli altri racconti: da Un Segreto non è per sempre a Le Ossa della Principessa per concludersi in Una lunga estate crudele – ultima fatica letteraria che consigliamo. A dare il volto alla bella Alice sarà Alessandra Mastronardi, Conforti avrà il fascinoso piglio di Lino Guanciale ed Arthur, invece, sarà interpretato dall’aitante Dario Aita. L’appuntamento è, dunque, in libreria e in autunno sul piccolo schermo.
Vota questo articolo
(0 Voti)

Oscar 2016 trionfano Morricone e Di Caprio

Martedì, 01 Marzo 2016 16:01 Scritto da
È stata una notte magica quella che ha tenuto incollati milioni di telespettatori tra domenica 28 e lunedì 29 febbraio. Tutti a fare il tifo per il maestro Ennio Morricone e per l’idolo della nostra gioventù Leonardo Di Caprio. Ed entrambi non ci hanno deluso, portando a casa l’ambita statuetta che li consacra, a tutti gli effetti, nell’olimpo del cinema. Dopo anni di ingiustizie perpetrati dall’Accademy e innumerevoli candidature, ben 5 per entrambi senza mai un successo, alla fine i guru di Hollywood si sono dovuti inchinare a due talenti straordinari entrambi made in Italy. Di Caprio è figlio di italiani di quarta generazione. Al momento della premiazione come Miglior colonna sonora originale per il film di Quentin Tarantino The Hateful Eight, il maestro Morricone – accompagnato sul palco dal figlio – ha ricevuto una commovente standing ovation ed ha dedicato – tenerissimo – la vittoria alla moglie Maria. Morricone, nel corso degli anni, ci ha regalato più di 500 colonne sonore, stringendo un importante sodalizio artistico con il grande regista Sergio Leone, amico e compagno di scuola; e con Giuseppe Tornatore: indimenticabile la sua colonna sonora per il film Premio Oscar, Nuovo Cinema Paradiso. Ma quella trascorsa è stata, senza dubbio, la notte di Leonardo Di Caprio. L’enfant prodige del cinema americano che dopo ben 22 anni dalla prima nomination – era solo un ragazzino quando venne inserito nella rosa dei migliori attori non protagonisti per Buon Compleanno Mr. Grape – ha ottenuto il suo riscatto vincendo nella categoria Miglior attore protagonista per la pellicola The Revenant di Alejandro González Iñárritu che si è aggiudicato la statuetta come Miglior regista, vinta peraltro anche lo scorso anno con Birdman. Leo ha spezzato la maledizione da Oscar che l’accompagnava e che lo ha visto perdente in tutti questi anni, tra delusioni, mancati riconoscimenti e beffe sui social. Ma lui non si è arreso ed ha continuato a fare il suo mestiere, confermandosi come il più talentuoso tra gli attori under 50. E’ da quando lo abbiamo visto annegare nell’Oceano in Titanic che abbiamo preso a cuore la causa Di Caprio ed oggi possiamo gioire con lui. Doveva trasformarsi in un cacciatore di orsi, trasandato, un filo barbone e combattere contro il freddo gelido per ottenere ciò che gli spettava già da molto tempo. Migliore attrice protagonista a Brie Larson per Room, mentre Alicia Vikander e Mark Rylance hanno vinto i premi per i migliori attori non protagonisti. Miglior film per Il Caso Spotlight di Tom McCarthy che racconta l’inchiesta da parte di un gruppo di giornalisti del Boston Globe che hanno portato alla luce lo scandalo dei preti pedofili negli Stati Uniti. I giornalisti sono stati premiati con il Premio Pulitzer. Mad Max: Fur Road trionfa con sei Oscar tecnici. Miglior film d’animazione per Bear Story. Grande deluso Sylvester Stallone che non ha ricevuto nessun riconoscimento per il suo Creed. La polemica “razzista” che ha preceduto l’evento l’ha fatta da padrone. Molti personaggi di spicco afroamericani hanno disertato la cerimonia, tra cui Spike Lee, per protestare contro l’Accademy colpevole di preferire, nell’assegnazione delle statuette, attori bianchi ad attori di colore. Infatti nessun attore di colore era presente nelle nomination.
Vota questo articolo
(0 Voti)
Per la prima volta a Napoli, la poetica magia di Marc Chagall raccontata attraverso l’esposizione di 150 opere presso la Basilica della Pietrasanta – Lapis Museum di Napoli dal 15 Febbraio al 30 Giugno 2019 orario: Tutti i giorni 10.00 – 20.00 (la biglietteria chiude un’ora prima) (possono variare, verificare sempre via telefono) biglietti: Intero con audioguida €15,00 Intero €14,00 Ridotto con audioguida €13,00 Ridotto €12,00 Ridotto bambini con audioguida €7,00 Ridotto bambini €6,00 vernissage: 14 febbraio 2019. su invito ufficio stampa: ARTHEMISIA curatori: Dolores Durán Úcar autori: Marc Chagall note: conferenza stampa ore 12 genere: arte moderna