“1984” il celebre romanzo di George Orwell e pietra miliare della letteratura distopica del Novecento compie 70 anni. All’indomani della fine della II Guerra Mondiale, il globo ci appare diviso in tre grandi continenti: Oceania, guidato dal Grande Fratello che ha le sembianze di Hitler e Stalin, l’Eurasia e l’Estasia. Tutti in guerra tra di loro e possessori della bomba atomica. In Oceania vi è un dissidente, Emmanuel Goldstein, identificabile nel russo oppositore Trotzkij, che vorrebbe sovvertire il potere e rendere gli uomini e le donne che vivono nel terrore finalmente liberi. Ma nulla può contro la martellante ed ossessiva propaganda messa in campo dal Grande Fratello che costringe i suoi “sudditi” a vivere costantemente con la radio accesa che trasmette ininterrottamente messaggi di propaganda filo governativa atta ad alienare e rendere fuorviante ogni possibile sentimento di dissenso. Il GF assicura felicità, gioia, zero problemi e a poco a poco toglie alle persone un pezzetto sempre più grande di libertà. L’allegoria è facilmente intuibile. Orwell, da sempre contrario ad ogni forma di oppressione e dittatura, lancia in “1984” una fortissima invettiva contro i totalitarismi, che siano di destra o di sinistra. In entrambi i casi sono pericolosi e nocivi. Conducono le folle all’adorazione facendo leva su sentimenti bassi, quali il rancore, l’odio verso l’altro, il risentimento. E le coscienze possono essere plasmate solo attraverso la perdita del senso critico e della capacità di avere un proprio pensiero trainante. L’insidia maggiore, infatti, risiede nella cultura. Per questo in Oceania tutto è positivo, a partire dalla “neo lingua” e dal “bispensiero”. Non esistono termini o aggettivi negativi nel nuovo linguaggio creato dal Grande Fratello e tutto è all’apparenza impeccabile. Lo scenario apocalittico teorizzato da Orwell è oggi diventato una realtà. Il livellamento del lessico diventa sempre più facile, semplice, colloquiale e mira a creare una società senza guizzi, senza slanci e dunque facilmente manipolabile da questa entità suprema che è incarnata dal Grande Fratello in 1984, e nella rete, ai giorni nostri, che fagocita i nostri pensieri e ci rende sottomessi e “gestibili”, al pari delle marionette.
Nel corso della settimana di Cucina Italia e Cinese svoltasi al Cairo, l’università di Salerno si è fatta promotrice principale dell’evento, evidenziando la strategica iniziativa commerciale della “Nuova Via della Seta” ed eleggendo il raviolo a denominatore comune delle due realtà culinarie. Lo chef Pietro Parisi, vesuviano doc e definitosi “cuoco contadino”, è tra i cinque cuochi italiani a lavorare in un ristorante panoramico sul Nilo. Nel corso delle serate del 27 e del 28 gennaio ha proposto un menu italiano con un’isola cinese dedicata ai “Jiao Tzi”, nome che in cinesi significa appunto ravioli. Un’esperienza sensoriale e gustativa che unisce Yin e Yang, due emisferi in continua e perenne trasfigurazione che si compenetrano e lasciano un’orma l’uno nell’altro.
Lo chef brasiliano, figlio di oriundi palestinesi ed ex dj, mente creativa del ristorante stellato di San Paolo, il D.O.M., è stato inserito da TIME Magazine tra le 100 personalità più influenti al mondo. Da anni ricerca materie prime negli angoli più remoti dell’Amazzonia e crea nuove esperienze gastronomiche. Dal tucupi ai pesci come il tambaqui fino alle formiche amazzoniche: ogni più strana forma commestibile viene trasformata in un grande piatto. Atala si è formato girando l’Europa, Italia compresa, ed ha appreso le tecniche più raffinate della cucina moderna. Contemporaneamente ha avviato un percorso di collaborazione e sostenibilità con le popolazioni indigene che ha portato alla nascita dell’ATA Institute, mostrando come la ricerca di nuovi sapori vada di pari passo con la tutela e la salvaguardia dell’ambiente che ci circonda.

Il fumetto Tintin compie 90 anni

Giovedì, 10 Gennaio 2019 17:10
Il celebre giornalista ed esploratore Tintin, nato dalla matita del belga Hergé, compie oggi 90 anni. Ricorre, infatti, il 10 gennaio 1929 la pubblicazione della sua prima avventura - Tintin nel Paese dei Soviet – sul giornale “Le Petit Vingtième”. Un successo editoriale enorme per Bruxelles e per il Belgio che verrà ricordato con mostre e nuove vignette, tutt’ora amato ed apprezzato in tutto il mondo. Un successo che ha ispirato un grande merchandising: come ad esempio i pupazzi che lo raffigurano da solo o in compagnia del cagnolino Milou. Un personaggio ancora attuale per la sua sete di conoscenza e voglia di viaggiare che lo ha portato in mete esotiche o fantastiche, come quando passeggiò sulla Luna nel 1953, ben 16 anni prima dell’astronauta Neil Armstrong.

Arrivano le figurine sulla storia dell’arte

Mercoledì, 27 Febbraio 2019 16:56
Artonauti. Le figurine dell’arte saranno in edicola dal 15 marzo. L’iniziativa fa parte del progetto selezionato e finanziato dalla Fondazione Cariplo. Sessantaquattro storie, aneddoti, informazioni, indovinelli, curiosità ed immagini da attaccare per un viaggio nel mondo della storia dell’arte. Una scoperta della nostra storia, partendo dalla prima opera, ovvero i graffiti nelle grotte di Lascaux, per passare poi all’arte egizia, alla scultura greca, all’Impero romano, al Medioevo fino alle Avanguardie del Novecento. Protagonisti di quest’avventura due ragazzini accompagnati dal fedele cane Argo e attraverso loro scopriremo e riscopriremo nozioni e opere dimenticate. A breve invece dei calciatori potremmo iniziare a scambiarsi i doppioni di Michelangelo, Leonardo e Brunelleschi.

Ercolano, il sito tra arte ed archeologia

Martedì, 15 Gennaio 2019 16:32
Al via la nuova stagione del Parco archeologico di Ercolano con l’apertura stabile del Teatro antico. Mostre diffuse a macchia d’olio su tutto il territorio, archeo aperitivi e riscoperta dell’attività di restauro delle domus: questo e molto altro aspetta i visitatori che si lasceranno avvolgere da un’atmosfera che lega passato e presente. Nel corso del 2018 c’è stato un incremento delle visite con il 9% in più con ben 534.328 persone rispetto alle 490.030 del 2017. Un’azione sinergica quella portata avanti dagli enti del territorio, Parco Nazionale del Vesuvio, Fondazione Ente Ville Vesuviane, in collaborazione con le scuole al fine di valorizzare e divulgare la storia dei tesori del sito Unesco. Oltre alla mostra sui gioielli e monili degli antichi abitanti, “SplendOri”, aperta fino al 30 settembre, saranno allestite “L’ebanistica e l’arte dell’arredo ligneo” e “La civiltà del cibo e i piaceri della tavola nell’antica Ercolano”.
Il Nome della Rosa, la serie evento tratta dall’omonimo best seller di Umberto Eco è approdata sugli schermi della prima rete nazionale e ci terrà compagnia per quattro puntate, per un totale di otto episodi. L’abbazia benedettina sconvolta da morti inspiegabili e sospette ci trascina in un’atmosfera noir e cupa, tipica del Medioevo, epoca in cui il romanzo è ambientato. Il prode Guglielmo di Baskerville, interpretato da un convincente e pieno di talento John Turturro, giunge presso l’abbazia poiché incaricato dal futuro imperatore Ludovico di Baviera di affrontare la Disputa con la delegazione papale, presieduta dall’inquisitore Bernardo Gui, alias Rupert Everett, incaricato da Papa Giovanni XXII di assicurarsi che sua Santità mantenga, non solo il potere spirituale, ma soprattutto quello temporale. In questo clima di fortissima tensione si stagliano le morti improvvise di svariati monaci benedettini e Guglielmo si ritrova a dovere svolgere l’ingrato compito di venire a capo di un’intricata matassa di morte e dramma dai risvolti tetri. Il francescano si dimostra essere un segugio nello scovare prove, indizi e soprattutto cadaveri. A fare da sfondo a questa carneficina è la biblioteca, vero e proprio labirinto che rischia di risucchiare chiunque vi metta piede. Al seguito di Guglielmo troviamo il giovane Adso da Malek (Damian Hardung), scappato dal padre che lo vorrebbe avviare alla carriera militare, mentre lui sceglie la vita religiosa. La potenza del romanzo di Eco trasuda dai dialoghi e incanta il telespettatore che si lascia condurre nei meandri dei loschi intrighi papali e sacerdotali. Una prosa ipnotica talmente forte da portare a casa il risultato senza apparente sforzo. Ma se così è, perché il Nome della Rosa non riesce a sfondare negli ascolti e bissare il successo de I medici – Lorenzo il Magnifico o dell’Amica Geniale, eccellenti prodotti Rai distribuiti in tutto il mondo che hanno tenuto incollati al teleschermo ben più di quattro milioni di spettatori? Beh, la risposta sarebbe da trovare in un certo qual clima di poca empatia che dalla fiction passa allo spettatore. C’è come una sorta di velo che impedisce di catapultarsi all’interno di quell’abbazia e appassionarsi alla vicenda. E non mi riferisco alle capacità attoriali, peraltro di altissimo livello, e non menzionerò neppure il confronto con la pellicola del 1986 con uno Sean Connery in uno stato di grazia; ma si avverte la mancanza di un certo je ne sais quoi nella sceneggiatura. Una sorta di compassata magnificenza rende le vicende di questi monaci lontane da noi. Le osserviamo con distacco, senza mai entrare troppo in quelli che sono i loro vizi, le loro virtù, le loro emozioni. Una patina di neve, e nella fiction ce n’è tanta, che ammanta tutto e ovatta i nostri occhi e le nostre orecchie. Le immagini scorrono e noi aspettiamo solo che finisca.

Tutti in piazza per Salvare il Pianeta

Sabato, 16 Marzo 2019 16:50
Una folla oceanica ha invaso le strade delle principali città del mondo al grido di “Salviamo il pianeta”, slogan della manifestazione “Fridays for Future” del 15 marzo scorso, prima manifestazione globale per il clima. Tutto è nato dalla determinazione di una sedicenne attivista svedese, Greta Thunberg che, dallo scorso settembre e per ogni venerdì, ha saltato la scuola per protestare davanti alla sede del Parlamento svedese munita di un cartello sul quale campeggia la scritta “Sciopero per il clima”. Il suo non è rimasto un gesto isolato, ma ha fatto da traino per smuovere le coscienze dei suoi coetanei che, sull’esempio di Greta, si sono riversati nelle strade ed hanno fatto sentire la loro voce, bacchettando i potenti della terra, rei di starsene con le mani in mano e di non fare nulla per garantire alle nuove generazioni un pianeta vivibile, lasciando che «la nostra casa vada in fiamme». La giovane Greta, candidata al premio Nobel per la Pace, è l’esempio lampante di come la “sua” sia l’ultima generazione che può e deve fare qualcosa per migliorare le cose. «Non c’è più tempo» è stato il grido unanime dei giovani, «Meno fossili e più rinnovabili» le scritte sui cartelloni, «Ci avete rotto i polmoni» la denuncia degli adolescenti. «Non vogliamo le vostre speranze, vogliamo che vi uniate a noi» ha ribadito Greta, alla testa del corteo a Stoccolma. «Questo sciopero viene fatto oggi, da Washington a Mosca, da Tromso a Ivercargill, da Beirut a Gerusalemme, da Shangai a Mumbai, perché i politici ci hanno abbandonato» ha proseguito dura la sedicenne svedese. «I politici conoscono la verità sul cambiamento climatico e ciononostante hanno ceduto il nostro futuro agli approfittatori, il cui desiderio di denaro veloce minaccia la nostra esistenza». Insieme a lei migliaia di studenti in piazza in oltre 150 paesi per lo “Strike4Climate”.
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